Mentre il Myanmar ha messo in atto ieri una nuova forma di sciopero silenzioso, con le strade deserte e i negozi chiusi in tutta Yangon e altrove, e mentre le vittime della repressione salgono ormai ad almeno 286, spunta di nuovo l’Italia tra i documenti che cercano di far luce sui rapporti tra Europa e militari birmani.

SI TRATTI DI IMPORT-EXPORT, di armi – come nel caso della livornese Cheddite – o di rapporti stretti con Tatmadaw, l’esercito birmano. Ma prima occorre fare un passo indietro. Nel novembre 2016 Min Aung Hlaing, all’epoca capo dell’esercito di un Paese democratico ma ora capo della giunta, viene in Italia per un tour a Roma (al Museo dei granatieri) e a Torino, con più sostanziali visite all’Aris (difesa militare e civile) e alla Leonardo (ex Finmeccanica: aerei e droni per addestramento, trasporto, difesa e sorveglianza).

Nel 2018 però viaggi e shopping in Europa gli vengono vietati. Nel febbraio 2018, con discreto ritardo sul pogrom contro i Rohingya del 2017 (700mila espulsi in un mese), la Ue impone sanzioni a ufficiali del Tatmadaw e alla polizia di frontiera e sicurezza, per «aver partecipato o essere state associate alle atrocità e gravi violazioni dei diritti umani commesse nei confronti dei Rohingya nel Rakhine nella seconda metà del 2017».

VIOLAZIONI che – riconosce la Ue – includono «esecuzioni sommarie, violenze sessuali e incendi sistematici di case ed edifici». Nell’aprile 2019 l’Europa proroga e rafforza l’embargo vietando «l’addestramento e la cooperazione militare» oltre all’adozione di «un quadro giuridico per misure restrittive mirate nei confronti di appartenenti a Tatmadaw e polizia». Il regime, prorogato al 30 aprile 2020, riguarda armi e attrezzature per il monitoraggio delle comunicazioni utilizzabili a fini repressivi.

In un documento riservato dell’Indo-Pacific Centre For Military Law dell’Australian Defence Force del 17 marzo 2020, che il manifesto ha potuto visionare, si parla però dell’Italia e di training a militari birmani. Si tratta di corsi all’International Institute of Humanitarian Law (IIHL) di Sanremo, dove ufficiali Jag del Tatmadaw (parte cioè dell’ufficio dei Judge Advocate General, la giustizia militare, in sostanza avvocati in divisa) verrebbero iscritti a un training. Il documento è un resoconto su incontri per previste attività congiunte tra australiani e birmani in un quadro nel quale l’esercito di Canberra figura come uno dei partner principali del Tatmadaw.

Non fa riferimento a date specifiche ma piuttosto a un iter di formazione di ufficiali birmani in diversi strutture di diversi Paesi, tra cui l’Iihl di Sanremo che si definisce organizzazione umanitaria, indipendente, senza scopo di lucro. Fondata nel 1970 è stata riconosciuta dal ministero degli Esteri come ente a carattere internazionalistico (tra le montagne elvetiche ha sede un loro ufficio di collegamento) cui ha anche elargito finanziamenti. Nel 2019 lo hanno fatto anche Croce Rossa Italiana, Regione Liguria e Comune di Sanremo. Circa due milioni di euro, il valore annuale delle attività messe a bilancio soltanto nell’ultimo triennio disponibile.

E L’ADDESTRAMENTO di militari birmani? Posto che in passato la formazione ai birmani è già stata fatta, quello di ora è solo un progetto? E di quando? Prima o dopo il 2018-19? Il documento australiano non lo dice ma quella data – marzo 2020 – è imbarazzante. O Canberra dava per scontata l’adesione italiana o millantava credito, visti i divieti Ue. C’è poi un aspetto etico: un gruppo di tutela dei diritti umani esprime le sue preoccupazioni soprattutto su chi siano gli «avvocati» in questione.

«Se l’addestramento a Sanremo, dovesse coinvolgere funzionari dell’ufficio Judge Advocate General – spiegano gli attivisti di Justice for Myanmar – si tratta della magistratura militare che ha svolto un ruolo chiave nel mantenere l’impunità, coprendo il genocidio dei Rohingya e operando in un quadro di conflitto di interessi sistemico, poiché il generale Aung Lin Dwe è stato anche direttore del Myanma Economic Holdings Limited (uno dei due maggiori conglomerati economici in mano al Tatmadaw, ndr); ora è stato promosso segretario della Sac (State Administrative Council, ossia la giunta da cui è stato nominato il giorno dopo il golpe, ndr)». Aung Lin Dwe, infatti, già a capo del Western Regional Command, è stato anche Military Advocate General (cioè capo del Jag).

L’Iihl ha assicurato che ci fornirà quanto prima dei chiarimenti. Per ora, ci si deve accontentare di quanto dichiarato sul loro sito internet (registrato nel 2000 tramite la società specializzata lussemburghese Gandi SAS): pagine su progetti europei, pubblicazioni e corsi in inglese (ora causa Covid, a quanto pare, soprattutto online) che vanno dalle migrazioni al diritto umanitario anche nei conflitti armati, fino ai «progetti speciali», come per l’appunto «attività di addestramento».

C’È POI LA SEZIONE sulla loro Fondazione, creata con l’obiettivo di «promuovere, sostenere e valorizzare le proprie iniziative». Il tutto nella cornice di Villa Ormond, quartier generale e «luogo perfetto per celebrare eventi importanti ed esclusivi». E qui arriviamo all’unica attività d’impresa a loro riconducibile: la Fondazione ausiliaria dell’Istituto internazionale di diritto umanitario, società creata nel 2017 per organizzare eventi e affittare la tenuta. Con l’obiettivo dichiarato di tutelarla, oltre che di promuovere, sostenere e valorizzare «ogni iniziativa intrapresa dall’Istituto».

A presiedere la società, dal febbraio 2020, Edoardo Greppi, docente di diritto internazionale a Torino, presidente della Scuola Universitaria Interdipartimentale in Scienze Strategiche (Suiss) con il Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito Italian