Massimo Annibale Rossi e i suoi colleghi della ong milanese Vento di Terra hanno ‎difeso in tutte le sedi e in ogni modo la Scuola di gomme dei bambini‎ beduini da ‎anni minacciata di demolizione dalla autorità militari israeliane. Sforzi che da ‎qualche ora si scontrano con l’enorme macigno posto dalla Corte suprema israeliana ‎che, respingendo in via definitiva tutti i ricorsi, ha autorizzato la demolizione del ‎villaggio beduino di Khan al Ahmar, in Cisgiordania a pochi chilometri da ‎Gerusalemme Est, e con esso della Scuola di gomme (fatta di pneumatici ‎sovrapposti) costruita nel 2009 da Vento di Terra con l’aiuto di altre ong, di comuni ‎italiani e di istituzioni religiose cristiane. Motivo: le tende, le abitazioni di lamiera ‎e ‎la scuola sono state erette senza i necessari permessi. La demolizione avverrà il ‎mese prossimo. ‎«Chiediamo all’Italia, alla Conferenza episcopale italiana, alle ‎Agenzie dell’Onu di fare pressioni sul governo israeliano perché torni sulla sua ‎decisione. Ci rivolgeremo anche al nuovo ministro degli esteri‎», ha detto Rossi, ‎sottolineando che finora ‎«non c’è stata alcuna reazione da parte delle autorità ‎italiane‎». Nel 2014 durante l’offensiva “Margine Protettivo” contro Gaza, le ruspe ‎militari israeliane trasformarono in un cumolo di detriti un’altra scuola della ong ‎milanese, la “Terra dei Bambini”, senza alcuna ragione.‎

‎ ‎Le autorità italiane hanno risposto al fondatore di Vento di Terra ricordando di ‎aver fatto ‎‎«passi ad alto livello‎» negli anni passati per persuadere Israele a ‎rinunciare alla distruzione di Khan al Ahmar e al trasferimento con la forza dei suoi ‎abitanti in un’altra area (Abu Dis) ‎«in coordinamento con l’Ue e i ‎principali partner ‎europei‎». ‎«La sopravvivenza del villaggio‎» fa sapere la Farnesina ‎«è molto ‎importante per l’Italia‎ e per la comunità ‎internazionale‎» anche perchè lo sgombero ‎di Khan al ‎Ahmar pregiudicherebbe la contiguità territoriale del futuro ‎Stato ‎palestinese erodendo in modo decisivo la viabilità della soluzione a ‎Due ‎Stati‎». Belle parole ma la realtà dice che l’Italia, che pure non perde occasione per ‎affermare ‎la sua stretta alleanza e l’amicizia con Israele, non ha saputo e voluto fare ‎la voce grossa con il governo di Benyamin Netanyahu per garantire la sopravvivenza ‎di un fiore all’occhiello dell’impegno italiano nei Territori palestinesi occupati e il ‎diritto allo studio per i bambini beduini. Assurdo da parte del’Italia non sollevare ‎dubbi sulla sentenza della Corte Suprema israeliana. Khan el Ahmar non è a Tel ‎Aviv o a Herzliya ma in Cisgiordania, un territorio non israeliano per il diritto ‎internazionale e sotto occupazione militare da 51 anni.

‎ D’altronde è paradossale questa affermazione di legalità da parte della Corte ‎Suprema. I massimi giudici israeliani approvano la distruzione di Khan al Ahmar ‎perché eretto senza permesso e allo stesso tempo considerano perfettamente ‎legittimi i vicini insediamenti coloniali edificati in aperta violazione delle ‎risoluzioni dell’Onu e della IV Convenzione di Ginevra. Proprio i coloni israeliani ‎sono stati particolarmente insistenti nel chiedere che l’insediamento beduino e la sua ‎scuola venissero spazzati via al più presto, senza tenere in alcun conto dei 170 ‎bambini che studiano nella Scuola di gomme. Non sorprende. Khan al Ahmar si ‎trova nel cosiddetto corridoio E-1, tra Gerusalemme e Gerico, un’area di ‎importanza strategica. Se il governo Netanyahu e il movimento dei coloni ‎riusciranno a strappare l’ok dell’Amministrazione Trump – dopo anni di contrarietà ‎da parte degli Stati Uniti -, gli insediamenti coloniali nel corridoio E-1 saranno ‎subito estesi, in modo da spaccare a metà la Cisgiordania all’altezza di ‎Gerusalemme e rendere non più realizzabile uno Stato palestinese con un territorio ‎contiguo.

‎ Sulla sentenza dalla Corte Suprema israeliana è intervenuta anche la presidenza ‎palestinese per accusare Israele di “pulizia etnica”, ‎«la forma peggiore di ‎discriminazione razziale – scrive in un comunicato – che è divenuta la caratteristica ‎predominante delle pratiche e delle decisioni del governo israeliano‎».‎