Dopo la rissa notturna nel vertice di maggioranza, tra domenica e lunedì, la pace sembra regnare di nuovo. Il governo licenzia la Nota di aggiornamento al Def in un paio d’ore scarse. E segnala che ci sarà «la completa disattivazione dell’aumento» dell’Iva, provando così a disinnescare le polemiche che infuriavano sin dalla notte, quando proprio su questo fronte erano volati stracci e strilli.

La manovra sarà di circa 29 miliardi, di cui 23 impiegati per evitare l’aumento dell’Iva. Il deficit è fissato al 2,2% per quest’anno e per il prossimo (in realtà arriverà quasi al 2,3% ma la Ue fingerà di non accorgersene) per poi scendere, nelle rosee previsioni del governo, all’1,8% nel 2021. I miliardi recuperati grazie alla flessibilità di Bruxelles non dovrebbero quindi essere ’solo’ 11 ma 14,5: a un soffio appunto dal 2,3%. La misura-bandiera dell’M5S, il taglio del cuneo fiscale a favore dei lavoratori, ci sarà. Dimezzato quest’anno, con uno stanziamento di 2,7 miliardi invece che di 5 e passa: sconto reso possibile dalla decisione di partire dal prossimo giugno. Nel 2012, invece, il taglio del cuneo dovrebbe essere a pieno regime, pari a 5,4 miliardi.

TUTTO A POSTO e molto rumore per quasi nulla? Niente affatto. Quella siglata ieri è solo una tregua, raggiunta ricorrendo a un trucco vecchio quanto le manovre economiche: segnare tra le coperture una cifra clamorosa e impossibile per prendere tempo nella speranza di risolvere il guaio di qui al varo della legge di bilancio. La Nota di aggiornamento indica infatti, come introiti derivati dalla lotta all’evasione condotta soprattutto tramite la campagna contro il contante e per i pagamenti tracciabili, lo 0,4% del Pil, più o meno 7 miliardi, a cui ne vanno aggiunti ulteriori 1,8 ricavati dalla riduzione dei Sussidi ambientali dannosi. E’ una somma astronomica e quasi certamente irraggiungibile.

Una classica «pezza» messa lì in tutta fretta per coprire la lacerazione di un disaccordo totale sul punto chiave: quella «rimodulazione dell’Iva» vincolata proprio all’uso del pagamento elettronico che per i renziani e per i pentastellati equivale in realtà a un aumento selettivo dell’Iva ed è quindi del tutto inaccettabile, mentre per Gualtieri è la sola via praticabile.

NELLA NOTTE DI TREGENDA a palazzo Chigi, il Mef aveva messo le carte, anzi i conti, in tavola. Senza quella rimodulazione, che dovrebbe passare per un aumento dell’Iva per le fasce di contribuenti più alte che scelgono di pagare in contanti e per uno sconto per la fascia più bassa che opta per il pagamento elettronico, mancano all’appello i 5 miliardi necessari per il cuneo fiscale, per il Family Act, cioè per i vari interventi a favore delle famiglie, e forse anche per la Sanità, dal momento che il ministro Speranza non dispera di raggiungere davvero un raddoppio dei fondi, sino a 2 miliardi.

La via della rimodulazione, considerata dal Mef l’unica soluzione possibile per tagliare il cuneo, è stata bocciata prima da Di Maio, direttamente in tv, a vertice non ancora iniziato, poi, nella tempestosa riunione notturna, dai renziani, con la ministra Bellanova sul piede di guerra. Lo scontro con il Pd è stato durissimo. Franceschini ha accusato la neonata Italia Viva di spalleggiare l’evasione. Bellanova ha risposto indicando la difficoltà, soprattutto per gli anziani e nei piccoli paesi, di ricorrere al pagamento elettronico. Conclusione drastica: una misura del genere Italia Viva non sarebbe affatto certa di votarla. I 5S, nel vertice, si sono mostrati più calmi. Ma anche per loro la via indicata da Gualtieri è fuori discussione.

IERI PRIMA CONTE e poi il Pd sono corsi ai ripari. Il premier già al mattino assicurava che le coperture per evitare qualsiasi aumento dell’Iva erano state trovate. Non che gli abbiano creduto in molti, essendo improbabile il reperimento di 5 miliardi per strada tra la tarda nottata e mezzogiorno. Nel pomeriggio Franceschini ha riunito i suoi e poi è uscito con un tweet molto duro rivolto a Renzi e, in misura minore, a Di Maio: «La smania di visibilità logora i governi. Si inventano litigi sull’Iva quando nessuno vuole aumentarla». Zingaretti, su Fb, segnala che «sviluppo e giustizia sociale devono camminare insieme.

E’ importante tagliare le tasse a chi guadagna poco. E’ giusto non aumentare l’Iva ma non è corretto scaricare i costi sui Comuni». La nota dolente è che come bloccare totalmente l’aumento dell’Iva senza gravare sui Comuni e allo stesso tempo procedere con le altre misure in agenda, a partire dal taglio del cuneo e dal Family Act, confermato da Conte dopo la riunione del consiglio dei ministri, in realtà non lo sa nessuno. La Nadef partorita ieri concede qualche altra settimana per trovare una quadra al momento inesistente. L’ambiguità di quella copertura di 7 miliardi messa ieri nero su bianco non reggerà oltre.