«O ritirate le cause o noi non vi assumiamo». «Però prima spiegateci come si fa questo lavoro, ché noi non sappiamo farlo». Ricattati. Ma indispensabili. Tragica e surreale, la vicenda di 55 lavoratori della cooperativa Sky Service di Pratica di Mare (Roma) rischia di diventare un classico di quanto poco siano tutelati i diritti al tempo del Jobs act.

Da quasi 20 anni questi lavoratori gestiscono l’archivio generale di una belle più importanti e storiche banche italiane. I documenti cartacei provenienti da tutte le filiali e da tutti gli uffici vengono conservati fino a settant’anni dalla chiusura di ogni pratica. Nelle loro mani vengono archiviati documentazioni di tutti i tipi, comprese quelle definiti «dati sensibilissimi» o «riservati».
Il tutto viene fatto fianco a fianco con una pattuglia sempre più ristretta di lavoratori interni alla vecchia Banca del Lavoro – nomen tutt’altro che omen in questo caso – dal 2006 diventata di proprietà di Bnp Paribas. Lo stesso lavoro, ma paga diversa: contratto da multiservizi per i primi – 1.000 euro al mese – contratto da bancari per i secondi – almeno 1.800 euro al mese, più tutte le differenze a livello di diritti e contributi: un risparmio secco di circa il 40 per cento sul costo del lavoro.

L’appalto è andato avanti in modo continuativo con la stessa proprietà – sebbene il nome della cooperativa abbia cambiato parecchie volte di nome e che nel 2006 i lavoratori siano riusciti almeno a diventare soci della cooperativa – fino all’estate del 2014. «Abbiamo saputo che i francesi volevano disfarsi di noi con un taglio di almeno il 20 per cento di forza lavoro ogni anno», racconta Giuseppe Martinelli, Rsa della Filcams Cgil. «Così abbiamo deciso di tutelarci, ci siamo rivolti ad un avvocato e abbiamo deciso prima di chiedere la stabilizzazione e poi, non avendo ricevuto risposta da Bnl, di fare causa per interposizione di manodopera e illecito appalto».

La prima della cause presentate dalla quasi totalità dei lavoratori sarà discusse proprio oggi al tribunale di Roma.
La reazione di Bnl è stata dura. L’idea di sostituire la Sky Service con un altra società è stata portata avanti con convinzione. Dal primo giugno l’appalto passerà nelle mani di ItalArchivi, società con un numero di dipendenti quasi uguale rispetto alla Sky Service. La cosiddetta clausola sociale tutelerebbe i lavoratori: la ItalArchivi è tenuta a riassumerli in tutto o in parte, concordando i criteri coi i sindacati e la direzione territoriale del ministero del lavoro.

Ma qui arriva l’ulteriore colpo di scena. L’azienda subentrante organizza con i sindacati un incontro per spiegare la situazione ai rappresentati dei lavoratori. E in quella sede, con pochi giri di parole, li mette di fronte al ricatto: per essere riassunti i lavoratori dovranno rinunciare alle cause già intentate. «Sono stati molto diretti, ci hanno detto che se non le ritiriamo loro assumeranno altre persone», spiega Giuseppe.

Nel frattempo arriva l’ulteriore beffa. Dopo che il primo incontro al ministero è stato rimandato su richiesta dell’azienda, al secondo, previsto per ieri, ItalArchivi non si è presentata senza addurre spiegazioni. «E mentre noi eravamo al ministero ad aspettarli – racconta con rabbia Giuseppe – hanno sfruttato la nostra assenza per entrare all’archivio e chiedere al nostro personale di spiegare loro come si fa il lavoro. Perché non lo conoscono e non sono capaci di farlo. Il tutto senza ammettere ai nostri colleghi che stavano lì che in pratica stavano aiutando chi li stava licenziando».