L’ultimo attacco del governo gialloverde ai migranti è nascosto nella finanziaria. Un emendamento alle legge di bilancio 2019 cancella infatti l’obbligo per le Regioni di utilizzare per l’assistenza sanitaria dei migranti il fondo speciale di 30,99 milioni di euro, soldi che potranno quindi essere utilizzati per il fabbisogno assistenziale standard. Una modifica che solo in apparenza può sembrare di poco conto ma che invece, se approvata, rischia di far precipitare nel caos l’assistenza sia medica che psicologica di quanti arrivano nel nostro paese sui Comuni e sul terzo settore, già oggi impegnati in prima linea. «Parliamo di vere e proprie bombe sanitarie: tutti gli irregolari esclusi dai servizi e che già vivono in situazioni socio-abitative precarie, lo saranno anche dal punto di vista clinico e questo può essere un rischio per la salute collettiva», spiega Michele Iacoviello, coordinatore degli ambulatori mobili di Emergency.

Una mossa, quella del governo, che, oltre a colpire i non iscritti al sistema sanitario nazionale – per cui è richiesta la residenza anagrafica – finirà con l’incidere ulteriormente su un meccanismo già ai minimi termini. «Questo emendamento – prosegue Iacoviello – rischia di essere incostituzionale: l’articolo 32 della nostra Carta sancisce l’obbligo di garantire assistenza sanitaria a tutti gli individui».

Il combinato disposto tra decreto sicurezza e l’emendamento ‘svincola fondi’ rappresenta per Emergency il cuore della questione: «Il primo, con la riduzione della protezione umanitaria, rende irregolari anche alcuni richiedenti asilo che fino ad oggi avevano diritto all’iscrizione all’Ssn; il secondo – spiega ancora l’organizzazione – scarica sulle regioni, in perenne stato di sofferenza finanziaria, la responsabilità degli ‘invisibili’. Chiuderanno gli ambulatori dedicati previsti dal decreto di attuazione 394».

La situazione, per il terzo settore, rischia di diventare insostenibile: «Il sovraccarico di lavoro è la conseguenza più prevedibile; avremo un intasamento dei pronto soccorso, dove si andrà anche solo per un mal di testa. Ciò è contrario alla nostra filosofia di medicina prossima che deve filtrare le richieste con l’Ssn». «Uno dei rischi che corrono associazioni come la nostra – spiega Sabina Alasia di Naga (onlus di assistenza socio-sanitaria) – è che l’aumento della richiesta renderà impossibile l’approvvigionamento di medicinali: attualmente abbiamo una vera e propria farmacia all’interno degli ambulatori e cerchiamo di far fronte alle esigenze di tutti. Non so se questo sarà ancora possibile». Alasia evidenzia anche il problema dei malati cronici: «Esclusi dal circuito sanitario pubblico, molti si rivolgeranno a noi e ad altre associazioni più di quanto non accada ora. A quel punto sarà difficile gestire tutto con le nostre risorse, visto che non abbiamo contributi pubblici».

Alberto Barbieri di MeDU (Medici per i Diritti Umani) è ancora più netto: «Siamo di fronte a una ‘strategia della tensione sociale’: potrebbe essere un disegno pensato per tenere alta l’attenzione sul tema immigrazione e giustificare le politiche repressive. Il risultato è un degrado socio-sanitario elevato». Anche un altro aspetto, secondo Barbieri, verrà sacrificato: «Nell’ultimo sbarco a Pozzallo, il 26 novembre scorso, molti erano in condizioni di shock post-traumatico a causa delle torture. Ce ne siamo presi cura insieme ad altri apparati pubblici. Se verranno meno i fondi, anche l’assistenza psicologica potrebbe vacillare e dovrà reggersi solo sulle spalle delle associazioni. Peggio ancora, potrebbe non essere affrontata affatto, dando luogo a una cronicizzazione della patologia». Barbieri spiega che il trattamento di un disturbo psichiatrico avanzato, oltre a dare meno risultati, «è molto più costoso per il sistema pubblico». Meno drastico Salvatore Geraci, direttore Area Sanitaria Caritas, secondo cui «le prestazioni non verranno sospese poiché rientrano nei livelli essenziali di assistenza (Lea). Nell’art.35 del Testo Unico per l’immigrazione si legge che agli stranieri irregolari sono garantite le cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti. Il dubbio – aggiunge – è di tipo politico: il decreto di Salvini genererà il contrario di ciò che ha promesso: insicurezza». «Cosa faremo se diventasse impossibile assistere i migranti? Denunceremo!», assicura Barbieri, mentre Iacoviello rimanda la valutazione al 2019: «Ad oggi la nostra percentuale di prestazioni socio-sanitarie agli irregolari è del 38%. Forse l’anno prossimo aumenterà. Vedremo».