Dopo la sbornia di informazioni dovute alla «scoperta» della nuova via della Seta da parte di gran parte dell’opinione pubblica nazionale e gli scontri politici e diplomatici a livello internazionale, in Italia si è passati in fretta ad altri temi, mentre Pechino è andata avanti nel disegno della propria tela mondiale, con particolare attenzione all’Europa.

DOPO ROMA HA FIRMATO il MoU il Portogallo. Poco dopo la Cina ha ottenuto un compromesso ragionevole con Bruxelles spostando la possibilità di un accordo globale al 2020 (quando forse altri paesi firmeranno il memorandum con Pechino), infine ha visto il 16+1 con l’Europa orientale diventare il 17+1 con l’aggiunta della Grecia. E ora, nel comunicare le date del secondo forum della Belt and Road Iniative (a Pechino dal 25 al 27 aprile), si apprende che anche la Svizzera, in occasione della kermesse mondiale, firmerà un memorandum of understanding con Pechino, seguendo dunque l’esempio di Italia, Portogallo e prima di loro Grecia, Ungheria e Portogallo.

QUESTE ADESIONI non squarciano il velo di complicazioni che il progetto cinese sta registrando (secondo alcuni analisti, ad esempio, la Cina farebbe meglio a concentrarsi sulla sua rinnovata produzione tecnologica anziché rischiare di perdere molti soldi in investimenti a rischio in giro per il mondo) ma servono a puntellare l’evento pechinese di nuovi successi.

Ieri il ministro degli esteri cinese Wang Yi ha sgranato un rosario di numeri che come al solito sembrano fuori dalla portata di qualsiasi altro Stato al mondo: secondo la commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma, il volume degli scambi di beni tra la Cina e i paesi e le regioni lungo la nuova via della Seta avrebbe superato i seimila miliardi di dollari nel periodo compreso tra il 2013 e il 2018; negli ultimi sei anni, inoltre, la Cina avrebbe firmato 173 documenti di cooperazione con 125 paesi, compresi i paesi sviluppati e in via di sviluppo, e 29 organizzazioni internazionali.

COME ANTICIPATO proprio in occasione della firma del MoU da parte dell’Italia, anche il premier Giuseppe Conte dovrebbe recarsi a Pechino in occasione del Forum (al primo aveva partecipato il suo predecessore Gentiloni). Previste anche le presenze degli altri firmatari e della Russia.