Il corpo di Robert Mugabe, l’ex presidente dello Zimbabwe morto a 95 anni il 6 settembre 2019 a Singapore, è stato trasferito da Harare a Kutama, distretto di Zvimba, e lì sepolto. Una sepoltura che è stata protagonista di uno scontro molto acceso e durato settimane tra il governo di Harare e la famiglia Mugabe.

L’inumazione definitiva è avvenuta lo scorso 30 settembre nel giardino sul retro della Blue Roof, la residenza di campagna dei Mugabe a 95 km dalla capitale, proprio come avrebbe indicato egli stesso pochi giorni prima di morire. Tuttavia, durante la lunga veglia funebre organizzata dal governo del Presidente Emmerson Mnangagwa di cui abbiamo scritto sul manifesto del 14 settembre, le informazioni erano diverse: il corpo di Robert Mugabe, «padre della Patria», sarebbe finito lì dove era destino finisse, nel National Heroes Acre, il mausoleo degli eroi ad Harare, la capitale.

LE CONTRADDIZIONI e i colpi di scena che hanno caratterizzato Mugabe in vita evidentemente non si sono esauriti con la sua dipartita. Ci sono volute ben tre settimane per portare Mugabe da Singapore al luogo di sepoltura, tre settimane di trattative, polemiche, leggende e prove di forza tra la famiglia e il governo. L’accordo prevedeva la sepoltura nel mausoleo dopo i funerali del 15 settembre scorso, ma il 26 settembre l’accordo è stato violato con il trasferimento della salma alla Blue Roof di Kutama per la sepoltura definitiva. La ragione di tale scelta risiederebbe in un durissimo scontro tra la vedova Grace Mugabe e l’ex-governatore della Banca Centrale Gideon Gono, membro del cerchio magico dell’ex dittatore, accusato dalla stessa Grace di aver corrotto i leader tradizionali di Zvimba affinché accordassero i funerali e la sepoltura al National Heroes Acre. Punzecchiato dalla stampa locale Gono ha rifiutato ogni commento.

Leo Mugabe, portavoce della famiglia, cercando di minimizzare ha confermato questa versione dei fatti: «Agli anziani non era stata posta alcuna alternativa. La loro scelta di seppellirlo ad Harare è stata presa senza la piena conoscenza di tutte le possibilità» ha dichiarato a The Standard.

NELLE ORE SUCCESSIVE la morte di Mugabe il governo di Harare si era preoccupato di inviare proprio Gono a parlare con gli anziani di Zvimba e con la famiglia Mugabe per trattare la sepoltura del leader e per convincerli a accettare le condizioni poste dal governo.

Condizioni di natura economica: lo Stato dello Zimbabwe si è fatto carico, da sempre a dire la verità, non solo delle spese mediche dell’ex-presidente ma anche del rimpatrio della salma, dell’accoglienza all’aeroporto, della veglia funebre, dei funerali e della sepoltura. In cambio la famiglia avrebbe dovuto accettare l’inumazione al mausoleo degli eroi, violando così le ultime volontà del defunto. Sembrava cosa fatta ma poi, il 26 settembre, la salma di Mugabe è stata trasferita a Kutama, dove un centinaio di persone si sono radunate per l’ultimo saluto. Una cerimonia privata piuttosto sobria se paragonata ai fasti del passato, con danze shona, canti tradizionali, un ritratto di Mugabe avvolto da fiori bianchi e altre composizioni floreali che formavano la scritta «Gushungo», il nome del clan cui apparteneva Mugabe.

LA RISPOSTA AI TANTI PERCHÉ di questo “affare di Stato” è politica: all’interno dello Zanu-Pf, il partito al potere da sempre, c’è un acceso dibattito sul destino della Blue Roof: c’è chi la vorrebbe convertire in un museo a pagamento o in «un monumento a beneficio del partito», come l’ex-ministro Obert Mpofu, e c’è chi vorrebbe trasferirne la proprietà alla famiglia Mugabe. Nel primo caso il governo di Harare, in perenne crisi di liquidità, metterebbe all’incasso il turismo dei nostalgici, mentre nel secondo garantirebbe una rendita alla numerosa e scomoda famiglia Mugabe.

IL DIBATTITO È IN CORSO e la mossa di trasferire la salma a Kutama ha portato molta acqua al mulino degli statalisti: lo stesso partito Zanu-Pf, in una nota di sabato 29 settembre, ha stigmatizzato la decisione di trasferire la salma parlando di «scelta sfortunata» e di «banalizzazione dei resti» del padre della Patria.