Nulla di nuovo sotto il sole egiziano: Patrick Zaki dovrà scontare altri 45 giorni di detenzione cautelare, via crucis senza soluzione di continuità che ormai va avanti da 18 mesi.

Dal 7 febbraio 2020, quando lo studente egiziano dell’Università di Bologna è stato arrestato all’arrivo al Cairo per una vacanza in famiglia, nessun processo ma solo il costante rinnovo della detenzione cautelare (per la legge egiziana si può andare avanti così per due anni, di più se emergono «altri elementi»).

L’ultima udienza si è tenuta domenica, nel tribunale del carcere di Tora, la maxi-prigione nota per le terribili condizioni in cui i prigionieri sono costretti a vivere. Udienza a porte chiuse come avviene ormai da mesi, misura giustificata con la pandemia. Accesso negato anche ai diplomatici europei che seguono fin dal principio le udienze.

Ieri ad annunciare il rinnovo di 45 giorni è stata la legale del giovane, Hoda Nasrallah, confermando le cupe previsioni della vigilia: «È ufficiale, 45 giorni», ha scritto.

All’Ansa Lobna Darwish, membro della ong Eipr con cui Patrick collaborava, ha aggiunto: «Ieri (domenica, ndr) non c’è stato alcun interrogatorio, ma solo un rinnovo della detenzione. L’ultimo interrogatorio era avvenuto il 13 luglio, il primo dal suo arresto nel febbraio 2020, ma da allora non è stato più interrogato. Ancora non sappiamo a cosa mirasse quell’interrogatorio, ma temiamo fosse un modo per prolungare la sua detenzione e la sua sofferenza».

Ne è convinto lo stesso Zaki, come riporta la pagina Fb «Patrick Libero»: «Gli è stato permesso di parlare con il giudice e di difendersi; ha fatto appello alle ragioni della sua detenzione, affermando che la sua prigionia non ha nessuna base. Secondo Patrick, la sua detenzione è politicizzata»

Protesta ancora Amnesty International: «Rinnovo la richiesta al governo italiano di usare questi altri 45 giorni per fare finalmente tutte le pressioni necessarie», il commento del portavoce Riccardo Noury.