Ha passato la mattinata nel Sacro convento di Assisi, per il convegno «Comunicare il nostro tempo». Poi, tornato a Roma, è andato a via XX Settembe per comunicare al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan che la sua esperienza al vertice della Rai finisce qui.

Il direttore generale di viale Mazzini Antonio Campo Dall’Orto, che Matteo Renzi aveva voluto investire di super poteri con la sua «riforma» della tv pubblica perché ci vuole «un amministratore delegato, scelto e definito, che riceve un mandato e se non riesce a portarlo a casa ne paga le conseguenze» – disse l’allora premier in conferenza stampa a palazzo Chigi – il mandato non lo porta a casa. E dopo la bocciatura da parte del consiglio d’amministrazione, lunedì scorso, del suo piano per l’informazione, deve alla fine cedere. Rassegna il mandato a Padoan e il ministro – dopo un «cordiale» colloquio di due ore – prende atto della decisione. Nell’incontro si fissa in massimo 15 giorni l’adempimento delle formalità burocratiche per dimissioni. E, a quanto trapela, il dg si dice anche disponbile a partecipare a un altro paio di sedute di consiglio d’amministrazione per affrontare le incombenze urgenti: il regolamento sugli stipendi degli artisti esentati dal tetto di 240 mila euro annui (Fabio Fazio e altre «star» scalpitano), da stilare entro il 2 giugno, e, a quel punto, la definizione dei palinsesti autunnali che dovranno essere presentati il 28 giugno a Milano e il 4 luglio a Roma.

Ma il renzianissimo Michele Anzaldi parte lancia in resta, dimenticando ancora una volta che secondo Matteo Renzi la riforma Rai era necessaria per far fare finalmente un passo indietro alla politica, da sempre col fiato sul collo del cavallo di viale Mazzini: «Quella del direttore generale è una presa in giro. Se vuole dimettersi deve inviare una lettera urgente alla presidente Maggioni», si arrabbia citando la legge in questione: «E’ al consiglio di amministrazione che deve rimettere il suo mandato». Insomma, Anzaldi non si fida, teme che Cdo traccheggi e dunque incalza. Ma in cda sono tranquilli, convinti che la lettera arriverà già lunedì e poi si potrà procedere speditamente alla convocazione del consiglio per la ratifica delle dimissioni. Tra i consiglieri c’è comunque anche chi prende male la notizia dell’addio di Cdo: «Sono esterrefatto – commenta infatti Carlo Freccero – E poi se Campo Dall’Orto dovesse restare altre due settimane per i tetti agli stipendi e la definizione dei palinsesti, a quel punto può restare anche per otto mesi. Forse serve qualcun altro per la campagna elettorale? Quello che è successo non è bello ed è anche un errore di comunicazione».

Nonostante le preoccupazioni di Anzaldi il dg uscente non intenderebbe comunque giocare a un lungo rimpiattino. Ma c’è da trovare il nome del successore, che non sembra così scontato. La corsa è aperta da giorni e prende sempre più quota il nome di Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema. E’ un «tecnico» che riscuote consensi sia nel Pd che in Forza Italia, da anni in ottimi rapporti con il premier Paolo Gentiloni, ma nel partito di Renzi non tutti sono convinti e probabilmente non lo è lo stesso segretario che punterebbe a un nome di maggiore appeal mediatico. Ma con la prospettiva di restare alla guida di viale Mazzini al massimo fino ad agosto (la scadenza dell’attuale vertice) la rosa si restringe. In corsa viene dato ancora anche Nino Rizzo Nervo, con una lunga esperienza in Rai come giornalista (è stato anche consigliere d’amministrazione). Difficilmente però Gentiloni si esporrà al punto di spedire alla guida della Rai l’attuale vicesegretario generale della presidenza del consiglio, che al premier è legatissimo. Senza contare che Forza Italia reclama un ruolo nella partita. E così nello «spirito Nazareno» non si esclude nemmeno un ripensamento dell’ex direttore di Raiuno Giancarlo Leone, che si era chiamato fuori dalla partita con un tweet. Il totonomine cmprede anche Luciano Flussi (Rai Pubblicità).
Mentre per la Federazione nazionale della Stampa e per l’Usigrai si dovrebbe dimettere tutto il consiglio d’amministrazione. Ipotesi respinta al mittente.