C. L.
ROMA
La Lega ritirerà il 90 per cento dei 5.000 emendamenti presentati al ddl Cirinnà, in cambio il Pd non presenterà l’emendamento super-canguro messo a punto dal senatore Andrea Marcucci, garantendo così una discussione ampia sul testo di legge che potrebbe dare finalmente anche all’Italia una regolamentazione delle unioni civili.
L’accordo «tra gentiluomini», come l’ha definito il leghista Gian marco Centinaio, è stato fatto ieri al Senato durante la capigruppo e oltre a Pd e Lega comprende anche Forza Italia. Un venirsi incontro che dovrebbe servire a svelenire una discussione già difficile sul provvedimento che approda stamattina nell’aula di Palazzo Madama. «Sono soddisfatto», ha commentato Centinaio al termine della riunione. «Ho parlato con Marcucci e siamo d’accordo: quando io metterò per iscritto il numero di emendamenti ritirati, che sarà congruo, lui ritirerà l’emendamento premissivo all’articolo 1 del ddl Cirinnà e nessuno la farà proprio perché abbiamo fatto un patto tra gentiluomini tra noi capigruppo. Anche se però – ha proseguito il leghista – visto che Renzi non è un gentiluomo, con lui non si sa mai».
Accordo fatto dunque, ma quella di oggi sarà solo una falsa partenza. Per questa mattina è infatti previsto la presentazione delle pregiudiziali di costituzionalità e le dichiarazioni di voto, ma i voto vero slitta a martedì prossimo. Ufficialmente lo slittamento è un atto di cortesia verso i parlamentari leghisti, impegnati in quei giorni a Milano in un’iniziativa politica che vede la partecipazione anche della leader del Front Nationale Marine Le Pen. Ma il rinvio potrebbe far comodo a tutti. Sabato a Roma si terrà il Family Day ed è interesse comunque se la manifestazione si svolgerà a bocce ancora ferme in parlamento.
Anche senza la valanga di emendamenti leghisti, quelli che restano da discutere sono circa 1.500. Tanti, anche se il Pd, che teme comunque altri possibili rinvii, vorrebbe svolgere la discussione generale tra martedì e mercoledì della prossima settima in modo da cominciare il voto sugli emendamenti il 4 febbraio per poi arrivare al voto finale l’11.
Ma per il partito del premier prima di tutto c’è da sanare la frattura che ancora divide i senatori cattolici da quelli laici, martedì mattina nuova riunione del gruppo per discutere su quali emendamenti lasciare libertà di coscienza I cattodem puntano ad avere le mani libere almeno su due, riguardanti entrambi la stepcild adoption e relativi agli articoli 2 e 5 del ddl. E su questo si consumerà lo scontro interno al partito.
Ma quella relativa agli emendamenti non è l’unica preoccupazione del Pd. Seppure risicati, sulla carta il ddl Cirinnà ha i voti per passare senza problemi, sommando quelli dei senatori dem a quelli M5S, Sel, socialisti e verdiniani. «Vedrete con il passaggio del voto di costituzionalità come sono gli schieramenti in campo e quanti numeri ha questa legge», ha ripetuto anche ieri l’ex relatrice Monica Cirinnà. Matteo Renzi, però, continua a non fidarsi dei grillini e teme sorprese dell’ultimo minuto rese possibili dal voto segreto. Da parte loro i grillini sono mesi che garantiscono un voto a favore a patto che la legge non venga snaturata, che resti insomma così com’è. Assicurazioni date pubblicamente, ma anche nei tanti colloqui privati tra senatori. Ieri c’è stato un passo in più: il senatore Alberto Airola, tra i più attenti all’iter della legge, ha annunciato che il movimento sarà a favore di un voto palese . «Non chiederemo il voto segreto, questo è poco ma sicuro», ha scritto su Facebook rispondendo a un’attivista. Airola ha anche attaccato Maurizio Sacconi (Ncd), tra i più accaniti oppositori al ddl Cirinnà: «Quello contro le unioni civili, che “difende la famiglia” – scrive – è colui che da più di un anno tiene ferma la legge su reddito di cittadinanza in commissione lavoro. Se le famiglie non arrivano alla fine del mese è anche colpa sua».