Dopo l’odissea della traversata dell’Egeo dalle sponde della Turchia verso le isole greche è iniziata, ieri mattina all’alba, quella del ritorno forzato per centinaia di rifugiati in cerca di salvezza. Come prevede l’accordo siglato tra Bruxelles e Ankara da ieri tutti i «migranti irregolari» sbarcati dal 20 marzo scorso sulle isole greche saranno via via riportati in Turchia e riconsegnati alla loro disperazione. Per ogni rifugiato siriano rinviato in Turchia, un altro verrà trasferito verso un paese dell’Unione europea.
Ieri dunque, all’alba, da alcune isole greche i primi gruppi di cittadini bengalesi, cingalesi e pakistani sono stati riportati da tre imbarcazioni in Turchia: 136 sono partiti da Lesbo e altri 66 da Chios. Rappresentanti di Frontex, esperti di diritto d’asilo e interpreti, hanno organizzato le procedure prelevando con autobus i rifugiati dai campi di accoglienza e trasportandoli fino al porto in una calma densa di tristezza.
Ma l’accordo Turchia-Ue non sembra aver bloccato i tentativi di traversata dell’Egeo; proprio ieri infatti, mentre le autorità turche e greche organizzavano le operazioni di rientro, la guardia costiera turca ha intercettato un barcone con 60 persone a bordo, al largo di Izmir, in gran parte afgani.
Le prime operazioni di rinvio rappresentano un test importante per la Grecia. Atene vuole mostrare alla comunità internazionale che, assieme alla Turchia, sta attuando l’accordo e allo stesso tempo con 52 mila rifugiati intrappolati nel proprio territorio, dei quali 6 mila nelle isole, e con la rotta balcanica chiusa, il governo cerca di rassicurare i propri cittadini, che temono che la situazione possa presto diventare incontrollabile.
I 202 migranti riportati ieri dalle isole greche in Turchia sono stati collocati in un campo di accoglienza allestito presso il porto di Dikili, una cittadina della costa occidentale turca a 120 chilometri a nord di Izmir. Il suo sindaco, Mustafa Tosun ha subito dichiarato che la sua città non è in grado di accoglierli per un lungo periodo di tempo. Il ministro degli Affari europei Volkan Bozkir ha dichiarato che i migranti provenienti dalla Grecia sarebbero stati mandati a sud della provincia turca di Osmaniye: non dovrebbero dunque rimanere a Dikili.
Contraria all’accoglienza è anche parte della popolazione locale. «Non vogliamo rifugiati. Questa è una piccola città costiera ed è anche una zona turistica, per quanto tempo dovranno restare qui?»: si sono lamentati i residenti temendo che la città possa trasformarsi in un centro per la riammissioni dei rifugiati con contraccolpi economici e un enorme danno al turismo.
Non tutti i residenti di Dikili sono però ostili ai rifugiati. Un gruppo di cittadini, assieme agli attivisti di «Ponte dei Popoli», un’associazione non governativa turca per i rifugiati, ha voluto dare il proprio benvenuto ai migranti esponendo cartelli e striscioni davanti al campo allestito presso il porto.
L’Unhcr è particolarmente allarmata non tanto per il rinvio in Turchia dei rifugiati, ma perché teme che non vi siano adeguate garanzie di correttezza nelle procedure e che i rientri si trasformino dunque in vere e proprie deportazioni. Un ritorno indiscriminato di tutte le persone che arrivano in Grecia, senza la salvaguardia di adeguate protezioni, giuridicamente definite, costituisce una lesione del diritto internazionale.
Recentemente il Parlamento greco ha adottato misure legislative a tutela dei diritti dei migranti ma la Turchia non sembra ancora rispondere ai requisiti richiesti. Ankara non applica completamente la Convenzione di Ginevra del 1951, dal momento che prende in considerazione dei criteri geografici. Questo significa che lo status di rifugiato viene concesso solo a un numero di richiedenti asilo provenienti dagli Stati europei, mentre ai rifugiati provenienti da altre zone, inclusa la Siria, viene concesso solo lo status di «ospite in protezione temporanea» e dunque con forti limitazioni per una completa integrazione.
Intanto si assiste ad una crescente militarizzazione delle coste egee. La guardia costiera turca ha mobilitato 5 mila uomini, numero che vuole portare presto a 17 mila unità. Inoltre Ankara sta pianificando la costruzione di postazioni di polizia nei luoghi strategici per prevenire il passaggio dei profughi.
Con l’arrivo in Turchia delle prime imbarcazioni, dunque, è diventato operativo l’accordo tra l’Unione europea e la Turchia sul rimpatrio dei migranti dalla Grecia.
Le conseguenze di questo accordo saranno probabilmente evidenti presto.