«Siamo il primo governo che non ha preso i soldi da Benetton», dice Luigi Di Maio, annunciando la revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia prima di capire che non sarà facile e forse nemmeno possibile. Non è un’allusione ma un’accusa diretta all’avversario abituale: il Pd. E soprattutto a Renzi, che infatti nemmeno citato subito risponde. «Benetton e Autostrade non hanno pagato la mia campagna elettorale, né quella del Pd, né la Leopolda. Utilizzare una tragedia per attaccare gli avversari, mentendo, dà il senso della caratura morale e politica del vicepresidente del Consiglio».

Di Maio ne aggiunge anche un’altra: «Autostrade ha la sede legale in Lussemburgo quindi neanche paga le tasse». In questo caso la replica arriva immediatamente dalla società: la sede è in Roma. Ma è l’accusa di connivenza tra il Pd e i Benetton a fare rumore. Anche se Di Maio non è in grado di fornire prove. Al punto che il ministro grillino Toninelli propone una singolare inversione dell’onere della prova: «Il gruppo Benetton ha finanziato partiti e campagne elettorali. Chi dice il contrario ci faccia prima vedere i conti del partito e delle tante fondazioni politiche».

La caccia si scatena soprattutto sui social, il risultato è magro. I grillini si accontentano di indizi: il gruppo Benetton ha finanziato la fondazione Clinton. Enrico Letta è entrato nel cda delle autostrade spagnole. Si può aggiungere che Luciano Benetton è stato un pubblico sostenitore di Renzi al suo apparire sulla scena politica nazionale. E magari che l’amministratore delegato del gruppo al tempo della firma della famosa convenzione unica, quella che adesso il governo considera capestro e vorrebbe revocare, sette anni dopo ha firmato un appello pubblico in favore di Renzi sul Corriere della Sera (Caccia Dominioni, ottobre 2014). Un po’ poco. Però i 5 Stelle puntano il dito contro una norma del 2013 che ha aperto la strada al prolungamento della concessione, dal 2038 al 2042 secondo il classico scambio di più tempo in cambio di investimenti (in quel caso proprio la Gronda di Genova). Solo nello scorso aprile è arrivato il via libera della Ue a questa proroga che secondo i concorrenti di Autostrade prefigura una violazione del libero mercato nell’Unione.
Non è solo Renzi a reagire nel Pd, il segretario Martina annuncia addirittura azioni legali. Ma è il sito Lettera43 a fornire un’indiscrezione interessante. A «prendere soldi» dalle autostrade, beninteso in cambio di lavoro, sarebbe stato in passato proprio il presidente del Consiglio, che avrebbe lavorato come consulente dell’Aiscat, l’associazione tra i concessionari della rete autostradale in cui Autostrade per l’Italia è il socio principale. Ma non arriva la conferma. E sul suo pur dettagliato curriculum Giuseppe Conte non lo ha indicato.