La risoluzione su Srebrenica, proposta giovedì nel Consiglio di Sicurezza Onu dalla Gran Bretagna, non è stata adottata per il veto della Russia. Hanno votato a favore Francia, Usa e 7 membri non permanenti, Cile, Ciad, Giordania, Lituania, Malesia, Nuova Zelanda e Spagna. Astenuti Cina, Nigeria, Venezuela e Angola. La prima divergenza sulla risoluzione, per l’ambasciatore britannico, era la definizione di «genocidio» dei crimini commessi a Srebrenica, termine che «non poteva essere ritrattato perché adottato nelle sedi internazionali».

L’ambasciatore russo, Vitaly Churkin, ha invece definito la risoluzione «un tentativo conflittuale e politicamente motivato» di attribuire ad una sola parte le responsabilità per le atrocità commesse durante i conflitti degli anni ’90.

L’ambasciatore francese, Francois Delattre, dopo il voto, ha esortato i membri permanenti del Consiglio a rinunciare al diritto di veto su genocidi e crimini di guerra perché nessun paese dovrebbe avere il diritto di bloccare la condanna di crimini da parte dell’Onu. Il ministro degli esteri della Gran Bretagna, Peter Hammond, si è detto «deluso», perché l’obiettivo della Risoluzione era quello di onorare le vittime del genocidio di Srebrenica e ma anche le vittime di ogni parte cadute durante il conflitto, chiedere giustizia, esortare alla riconciliazione e fare in modo che l’Onu traesse una lezione da quei tragici eventi. Il respingimento della risoluzione è stato accolto con disagio da una parte dell’opinione pubblica e delle istituzioni bosniache. Giovedì mattina sono partiti da Sarajevo i resti di 136 vittime del genocidio, identificate nel 2014, seppellite ieri a Potocari. Munira Subašic, dell’associazione «Madri delle enclave di Srebrenica e Zepa», ha parlato del voto di New York come di una «vergogna».

Da Belgrado il premier serbo Aleksandar Vucic ha detto di non considerare il voto Onu come una «vittoria» dato che non ci sono vincitori quando si tratta di Srebrenica, ma solo vittime che richiedono il nostro rispetto, confermando la decisione di rappresentare la Serbia a Srebrenica oggi «perché pensiamo che noi serbi, nazione che ha molto sofferto, abbiamo l’obbligo di rispettare le vittime degli altri popoli. Solo in questo modo rispetteranno le nostre». Milorad Dodik, presidente della Republika Srpska (l’altra entita con la Federazione croato-musulmana in cui è divisa la Bosnia Erzegovina dopo Dayton), ha ringraziato la Russia per non aver permesso l’adozione di una risoluzione che avrebbe aumentato le divisioni in Bosnia Erzegovina.