Wadie Abu Nasser è scosso. «Ormai è un fenomeno diffuso, non stiamo parlando di un episodio all’anno ma di più attacchi di estremisti israeliani in un mese contro chiese e istituzioni cristiane. E la risposta delle autorità a tutto questo resta inadeguata», dice al manifesto il responsabile per i rapporti con la stampa degli Ordinari Cattolici di Terra Santa. «I vescovi hanno prodotto un documento che vuole sottolineare la gravità della situazione – aggiunge Abu Nassar – perchè questo non è solo un problema di sicurezza ma anche educativo, di insegnamento (in Israele, ndr) del rispetto verso le diverse religioni e culture presenti in Terra Santa».

A meno di tre settimane dalla visita di papa Francesco in Giordania, Israele e Territori occupati palestinesi, cresce la preoccupazione della Chiesa cattolica e delle altre Chiese per l’intensificarsi di attacchi e atti di vandalismo che estremisti israeliani, legati alla destra estrema e al movimento dei coloni, compiono contro siti cristiani in Galilea, a Gerusalemme e in Cisgiordania. Ed è probabile che questi attacchi rientreranno nei colloqui che papa Francesco avrà a fine maggio con i massimi rappresentanti israeliani. «Non sono in grado di anticipare i contenuti degli incontri del Pontefice in Terra Santa, ma Papa Francesco tiene ai fedeli cristiani e vuole proteggerli», conclude Abu Nassar lasciando intendere che la questione sarà affrontata.

«Morte agli arabi, ai cristiani e tutti quelli che odiano Israele». Questa è la scritta, con sopra la stella di Davide, che lunedì è stata trovata su un ufficio dell’assemblea episcopale di “Nostra Signora di Gerusalemme”. La reazione dei vescovi cattolici è scattata due giorni dopo. «Nostra signora di Gerusalemme è una proprietà della Santa Sede e questa provocazione arriva a due settimane della visita di papa Francesco», hanno scritto in un documento diffuso dal Patriarcato latino (cattolico). «I vescovi – prosegue il documento – sono molto preoccupati per la mancanza di sicurezza e per l’assenza di reazione sulla scena politica e temono una escalation di violenza». Di fronte all’assenza di azioni delle autorità israeliane «i vandali sono arrivati a fare minacce personali», denuncia la Chiesa cattolica, riferendosi alle recenti minacce di morte indirizzate, da un rabbino estremista, al vescovo di Nazareth.

E se la reazione delle forze di sicurezza israeliane è stata a dir poco morbida nei confronti degli autori di questi attacchi – simili a quelli noti come “Tag Mehir” (Prezzo da pagare) che prendono di mira i palestinesi in Cisgiordania e a Gerusalemme -, anche la stampa internazionale si mostra reticente nel mettere in luce i rischi ai quali sono ora esposti siti e istituzioni cristiane in Israele. Le testate giornalistiche di mezzo mondo continuano a guardare quasi esclusivamente al “pericolo islamico” quando riferiscono della condizione dei cristiani in Terra Santa. Eppure l’elenco di attacchi compiuti da estremisti israeliani si allunga con il passare delle settimane. Lo scorso 27 aprile 2014, ad esempio, mentre a Roma avveniva la canonizzazione di due papi, a Tabgha sul lago di Tiberiade, un luogo di preghiera custodito dai padri benedettini, una dozzina di giovani ebrei ortodossi, in buona parte adolescenti, si sfogò lanciando pietre contro la grande croce situata accanto all’altare. Poi, nei pressi del convento delle monache benedettine, hanno imbrattato di fango un altare non mancando, prima di fuggire, di rovesciare banchi e sedie. Colpita anche la chiesa ortodossa di Al-Bassah, nel nord-ovest di Israele, durante un battesimo.

Il governo israeliano, attraverso i suoi ministri, proclama ogni volta l’intenzione di punire i responsabili di questi atti anti-cristiani e del “Tag Mehir” e sottolinea che la polizia ha formato unità speciali per contrastare il fenomeno. Sul terreno però accade poco e gli attacchi si stanno intensificando.