«Le responsabilità per i ritardi nella conclusione della seconda valutazione del programma greco sono dei creditori e non accetterò giochi sulla pelle dei greci e a discapito di una ripresa economica in atto». Sceglie parole molto nette il premier greco Alexis Tsipras, al termine dell’incontro che si è tenuto ieri ad Atene tra il leader di Syriza e il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. Quest’ultimo, dopo essersi mostrato ottimista su un possibile accordo «siamo vicini, molto vicini», ribadisce con forza che l’intenzione dell’Unione europea non è quella di punire la Grecia, ma di aiutare, ammettendo che «il popolo greco è già stato punito abbastanza».

Tsipras ha puntato il dito contro quei creditori che a suo dire pongono degli ostacoli alla ripresa economica del paese e soprattutto all’uscita della Grecia dal programma di sostegno, fra un anno. Ha chiarito, inoltre, che non può essere accettata dal governo di Atene la tattica estenuante dei creditori di creare continui ritardi nelle trattative e cambiamenti negli obiettivi già pattuiti. «Per questo – ha sottolineato – la trattativa che sta andando avanti a Bruxelles anche in queste ore, deve portare a una soluzione che sia approvata dall’Eurogruppo che si terrà a Malta domani». Diversamente, il primo ministro ha chiesto a Tusk di convocare un vertice straordinario tra i paesi dell’eurozona, affinché si trovi lì la soluzione.

Le prossime, quindi, saranno ore decisive e i punti su cui si sta faticosamente cercando un accordo sono sempre i soliti: l’ennesimo taglio delle pensioni, l’abbassamento della soglia della no-tax area, un ulteriore liberalizzazione del mercato del lavoro e un’accelerazione sulle privatizzazioni.

Sulle pensioni, i tagli avverrebbero in due fasi, una nel 2019 e una nel 2020, e interesserebbero circa 900 mila pensionati, quanti percepiscono oltre 700 euro al mese. Sul fisco si lavora a una riduzione della soglia della no-tax area dal 2019, che passerebbe dagli attuali 8.636 ai 5.600 euro. Sulla delicata questione dei diritti ma anche della liberalizzazione del mercato del lavoro, fortemente voluta dall’Fmi, la contrattazione collettiva non potrà essere reintrodotta fino al termine del programma, mentre non verrà modificato il limite massimo del 5% per i licenziamenti collettivi. Infine, sulle privatizzazioni – un tema su cui il partito di Syriza rischia di trovarsi in forte difficoltà – l’ipotesi in campo è quella di collocare sul mercato il 40% dei centri di produzione di lignite della Dei, l’Ente greco per l’energia.

Se non ci dovesse essere interesse dei privati, sarebbe prevista anche la privatizzazione di una quota dei centri di produzione di energia idroelettrica.

Nonostante tutti si dicano ottimisti circa la conclusione a breve delle trattative in corso, rimangono ancora aperti alcuni punti cruciali come quello annoso del taglio del debito greco, come ha ricordato Tsipras che anche sul questo fronte si è voluto mostrare ottimista: «L’accordo è molto vicino e gli sviluppi saranno positivi non solo per questa seconda valutazione, ma anche per un accordo complessivo che contenga la questione del debito».

Il leader greco ricorda che nonostante il suo paese già nel 2016 abbia fatto registrare un risultato impressionante per quel che riguarda l’avanzo primario che si collocherà molto sopra il 3%, raggiungendo, già nel 2016 l’obiettivo del 2018, alcuni fra i creditori si mostrano ancora inflessibili, ponendo in modo pretestuoso degli ostacoli alla Grecia in un momento molto delicato per l’Europa, poco prima delle elezioni in Francia e con le tensioni sempre crescenti con la Turchia.

Tusk, dopo aver incontrato il premier greco si è recato dal presidente della Repubblica Prokòpis Pavlòpoulos e insieme hanno voluto sottolineare le speranze che prevalgono in queste ore. Un approccio, a detta di Tusk, dovuto «alla dedizione del popolo greco e alla sua volontà di fare alcuni sacrifici». Ma i greci sono anche molto stanchi. Proprio ieri sul quotidiano francese Le parisien è stata pubblicata un’indagine sui dipendenti pubblici in alcuni paesi: solo il Giappone ha meno dipendenti pubblici della Grecia, dove è occupato nel settore pubblico il 7,9% dei lavoratori, contro il 9,6% della Germania.