Lo shopping francese su ciò che resta del sistema industriale italiano ha visto svolgersi ieri una summit bilaterale al massimo livello, a Camere sciolte. Nell’eloquente cornice dello storico Palazzo Esercito, sede dello Stato Maggiore italiano e a pochi passi di distanza dal ministero dello Sviluppo economico, si sono dati appuntamento il ministro dell’Econonia e delle Finanze d’Oltralpe Bruno La Maire, la collega della Difesa Florence Parly, con i corrispettivi italiani Pier Carlo Padoan, Roberta Pinotti e Carlo Calenda, titolare del Mise, più generali e l’ad di Fincantieri Giuseppe Bono.
All’ordine del giorno ufficialmente l’avanzamento della cooperazione nella cantieristica militare tra Fincantieri e Naval group dopo le tensioni dell’estate scorsa sull’acquisizione dei cantieri Saint Nazaire, inizialmente bloccata da Macron, e poi sul caso dei limiti imposti a Vivendi per il controllo degli assetti strategici di Tim.
In realtà la partita più grossa in gioco al momento tra Italia e Francia – dopo una «pace» suggellata dalla partecipazione italiana alla missione a guida francese in Niger (decisa, anche quella, a Parlamento già «scaduto») in funzione di «controllo dei flussi migratori» e «sicurezza»- riguarda i destini di Leonardo, ex Finmeccanica, che il governo di Parigi «amerebbe» coinvolgere in una fusione a tre: con Airbus e Thales. I conti di Leonardo non sono brillanti, come si evince sottotraccia dal piano industriale per gli investitori presentato solo due giorni fa dall’ad Alessandro Profumo.
Profumo, pur presentando una relazione tutta incentrata sulle magnifiche sorti e progressive del gruppo incentrate sui sistemi di difesa, radar per la sorveglianza, missili e comunque commesse militari- ha parlato di «vera svolta» solo nel 2020 – ha dovuto ammettere che «il 2017 è stato un anno deludente» e che si prevede un 2018 stagnante. La speranza, per il banchiere che ha finora evitato lo spezzatino dell’industria pubblica ormai concentrata sulla difesa dopo la cessione ai coreani degli asset civili-ferroviari, è fondata sul riarmo europeo e britannico post Brexit e sulle «opportunità di sviluppo» nell’area Asia-Pacifico.
Profumo ha detto a Vergiate che nutre speranze che le spese per la difesa raggiungano addirittura il 4 % del Pil a livello europeo, cioè il doppio della soglia ottimale consigliata dalla Nato. Profumo vorrebbe che i destini dell’ex Finmeccanica entrassero a far parte del trattato di partenariato economico e commerciatele italo-francese noto come «Trattato del Quirinale» che il prossimo governo e il prossimo Parlamento saranno chiamati ad approvare.
Con quali rapporti di forza sarà redatto il trattato si può forse prefigurare dalle due figure nominate da Gentiloni come super consulenti, saltando la Farnesina: Paola Severino, direttrice dell’università confindustriale Luiss e Franco Bassanini, «compagno di banco» di Macron nella commissione Attali.