Due giorni fa al Cairo Claudio Descalzi, a.d. Eni, ha stretto la mano del presidente egiziano al-Sisi e celebrato la floridezza dei rapporti nel corso dell’anno appena concluso. Ieri la Edison firmava il contratto imbastito in estate per esplorare e estrarre gas e petrolio lungo le coste egiziane.

A quasi un anno dalla scomparsa di Giulio Regeni si discute ancora delle reazioni politiche all’omertà egiziana. Ambasciatore sì, ambasciatore no. Ma altri dati raccontano di come le relazioni Italia-Egitto non siano mai cambiati. Quelli commerciali. Sul piano energetico, nulla è accaduto dopo la morte di Giulio: nel 2016 l’Eni ha investito in Egitto 2,7 miliardi di dollari, concentrati intorno al ricchissimo bacino di Zohr, scoperto un anno e mezzo fa e capace di travolgere i piani energetici dei paesi della regione con un dirompente potenziale di 850 miliardi di metri cubi di gas. E poi c’è Nooros, giacimento da cui si estrarranno da gennaio 25 milioni di metri cubi di gas al giorno.

Non solo: Eni e Il Cairo hanno siglato a fine dicembre altri due accordi di concessione per i blocchi offshore di North El Hammad e North Ras el Esh. La società italiana si conferma così il primo produttore in Egitto (230mila barili al giorno su una superficie di 23mila km², 14 miliardi di dollari di investimenti), una storia cominciata nel 1954.

Radicata è anche la Edison, presente dagli anni ’90 e dal 2009 responsabile al 100% del giacimento di Abu Qir nel Delta del Nilo (una capacità di 13 milioni di metri cubi di gas al giorno), al 60% di West Waidi El Rayan e al 20% di Rosetta. E ieri è stata apposta una nuova firma: è andato in porto l’accordo con la Egas, Egyptian Natural Gas Holding, per l’esplorazione di Northeast Habi, nel Mar Mediterraneo. Un contratto da 86 milioni di dollari firmato dal vicepresidente Edison Coratella, il ministro del Petrolio El-Molla e il presidente Egas El-Masry.

Affari che soffocano gli sforzi di chi chiede verità per Regeni. Gli interessi delle imprese italiane in Egitto valgon bene la normalizzazione dei rapporti, già spianati dai complimenti che l’allora premier Renzi tributò al golpista al-Sisi, definendo l’Egitto «un’area straordinaria di opportunità» e facendo dell’Italia il primo Stato Ue a riceverlo in visita ufficiale dopo il colpo di Stato del 2013. Un invito figlio degli stretti rapporti commerciali: 130 aziende operative in Egitto, da Intesa San Paolo a Italcementi, da Pirelli a Ansaldo, molte delle quali guardano ai faraonici progetti infrastrutturali di al-Sisi come un pozzo a cui attingere.

Roma è il primo partner commerciale in Europa, un interscambio da 5 miliardi l’anno che continua a crescere. Senza scordare le armi: come ricorda l’Osservatorio sulle Armi Leggere, dopo la morte di Giulio le vendite sono proseguite, superando da gennaio a settembre il milione di euro. Le autorizza il governo: gli Esteri si occupano delle armi per polizia e enti governativi, gli Interni delle armi comuni.