Una vertenza che va avanti da oltre quattro anni che si risolve nel modo peggiore. A soli tre giorni dallo sblocco dei licenziamenti – prorogato a fine anno per questo settore – le imprese hanno scelto di mettere fine alle speranze di oltre 1.100 lavoratrici delle pulizie scolastiche aprendo le procedure di licenziamento collettivo, nonostante non sopportassero alcun costo.

I lettori del manifesto si ricorderanno i tanti articoli scritti in questi anni sulla vicenda figlia delle esternalizzazioni degli anni duemila. Le scuole statali hanno appaltato i servizi di pulizia e guardiania riducendo il personale in maniera molto forte. Ne hanno approfittato grandi multinazionali e finte cooperative che per vincere gli appalti hanno compresso salari e diritti delle lavoratrici con casi sfociati nella cronaca nera per esempio nella zona di Latina e della Campania dove l’allora sesto lotto dell’appalto Consip era stato aggiudicato a finte cooperative o aziende che non pagavano le lavoratrici e le sostituivano con personale preso all’uopo, una sorta di crumiraggio del terzo millenio.

DOPO I TANTI SCIOPERI e le tante proteste finalmente si era arrivata a decidere di invertire la rotta re-internalizzando i servizi di pulizia delle scuole statali. Una vertenza e procedura molto complessa, partita nel 2019 e ancora non terminata. L’accordo fra forze politiche, ministero dell’Istruzione e sindacati prevedeva l’assunzione di 12.137 persone su base provinciale rispetto alle necessità delle singole scuole, sebbene i sindacati chiedessero 16mila assunzioni e molti posti riconosciuti come part time invece che tempi pieni.

MA COME SPESSO ACCADE in Italia le procedure nascondevano vere discriminazioni nei criteri per riconoscere il diritto alla stabilizzazione di queste lavoratrici. Il criterio più ingiusto è stato quello dei 10 anni di anzianità necessari a fare domanda. Le escluse, circa 4 mila, sono rimaste escluse e in capo alle imprese.

A marzo 2020 la pandemia ha bloccato tutto il processo, consentendo però almeno il riconoscimento della cassa integrazione – in realta Fis – in deroga che ha coperto con ammortizzatori sociali le lavoratrici nel primo anno di pandemia.

«Grazie ai nostri scioperi e alle nostre proteste a settembre 2021 è partita la seconda fase assunzionale per altre 1.100 lavoratrici – ricorda Cinzia Bernardini, segretaria nazionale della Filcams Cgil – in cui siamo riusciti a dimezzare il requisito a 5 anni di anzianità, anche se sempre legato alle disponibilità nelle provincie. E ancora nell’ultima legge di bilancio con un emendamento abbiamo strappato l’impegno ad una terza fase assunzionale a settembre 2022 per 450 ulteriori posti anche nelle province senza disponibilità».

Il governo Conte II, sotto la spinta del M5s, ha portato a un intervento che ha reso full time tutte le assunzioni sebbene questo sia avvenuto a scapito di una riduzione del personale Ata (tecnici e ammistrativi) contestato dai sindacati della scuola.

Per questo la decisione delle imprese – Manital Idea, Rekeep (ex Manutencoop), Dusman, L’Operosa, Team Service, Epm, Papalini e Snam Lazio – di licenziare le circa 1.100 lavoratrici viene considerato dai sindacati «una vera ingiustizia, le aziende non sopportavano alcun costo perché le lavoratrici erano in ammortizzatore sociale: al massimo i ratei di 13esima», spiega Cinzia Bernardini.

«APPENA TERMINATO IL BLOCCO dei licenziamenti, le imprese hanno subito aperto le procedure di licenziamento collettivo per tutti i lavoratori ancora in forza che erano occupati nei servizi di pulizie, ausiliariato e di mantenimento del decoro delle scuole, servizio che è stato internalizzato. Filcams Cgil, Fisascat e Uiltrasporti hanno, anche negli ultimi mesi, chiesto l’apertura di un tavolo per realizzare la continuità occupazionale per tutte le lavoratrici ancora esclusi dal percorso di stabilizzazione, affinchè nessuno rimanga escluso. Oggi la decisione unilaterale delle imprese fa precipitare la situazione, un intervento non è più rinviabile», denunciano i sindacati.
Circa 350 dei 1.100 licenziamenti sono concentrati a Roma e provincia.

«Abbiamo chiesto tre volte la convocazione di un tavolo con ministero, Anci e imprese ma non c’è mai stato concesso. Ora serve un intervento urgente per prorogare gli ammortizzatori in deroga almeno fino a settembre prossimo quando circa 450 lavoratrici saranno ulteriormente internalizzate», conclude Cinzia Bernardini.