Una prospettiva, quella del capitalismo multiplanetario, che è in bilico tra illusione e un solido fondo di investimento, tra speculazione finanziaria e impegnativi progetti che vedono protagonisti superpotenze militari e economiche. La propone l’enigmatico Cobol Pongide, studioso di mondi alieni, di terraformazione e di colonizzazione dello spazio profondo. Si fa forte, in questo Marte oltre Marte (pp. 172, euro 13), di accordi commerciali tra governi, di trattati sottoscritti internazionalmente per regolamentare la colonizzazione dello spazio. Cita imprese multimilionarie e filantropi che elargiscono ai venti i loro lauti risparmi nel finanziare progetti fantasiosi che non sfigurerebbero nella migliore sceneggiatura di Hollywood. Quello che DeriveApprodi ha liquidato a ridosso del cinquantenario dello sbarco umano sulla sulla Luna è dunque un bizzarro pamphet.

COBOL PONGIDE è un nome che la Rete attesta come studioso di mondi alieni, conferenziere di ufociclismo, nonché indagatore del capitalismo multiplanetario. Nel libro passa in rassegna progetti governativi, strategie imprenditoriali che vedono coinvolti la Nasa, l’ente spaziale europeo, Pechino, l’aggressivo ente spaziale russo sopravvissuto alla scomparsa dell’Unione sovietica, nonché miliardari come Elon Musk (Tesla) e Jeff Bezos (Amazon) che investono miliardi di dollari l’anno in imprese di colonizzazione spaziale, ricerca di forme di vita aliene, possibilità di «terraformare» civiltà umane su Marte; o che lavorano per estrarre materiali rari da remoti asteroidi a largo di Giove.
Il quadro che emerge può apparire un divertissement per annoiati miliardari, ma per l’autore in ballo c’è molto più delle fantasie di qualche arricchito o di un inguaribile sognatore di incontri ravvicinati del terzo tipo.

La posta in palio, lo ripete continuamente, è l’elaborazione di un modello di business che garantisca il futuro alla società capitalistica così come è accaduto nell’economia di Rete tra la fine del ’900 e l’inizio del nuovo millennio. In un ardito parallelo, Pongide sostiene che anche allora il capitalismo aveva perso la sua spinta propulsiva e che la possibilità di una sua implosione era più che realistica. Il modello di business maturato nella Rete lo ha salvato dal fallimento. All’epoca, si trattava di gettare il cuore oltre l’ostacolo dello shock petrolifero del 1973 e della guerra fredda per immaginare un futuro là dove tutto lasciava presagire il crollo della società capitalistica. E se negli anni ’90, l’ancora di salvataggio è arrivata dalla Rete, attualmente la possibilità di rivitalizzare un sistema economico che ha imboccato il piano inclinato del declino può essere cercata nella colonizzazione dello spazio attraverso la convergenza tra capitali privati e organismi governativi.
La parte più interessante del volume è quella relativa ai progetti di ricerca scientifica sui nuovi materiali, prefigurando un circolo virtuoso di investimenti pubblici e privati finalizzati a produrre innovazione tecnologica e l’apertura di nuovi settori produttivi e mercati.

CHE LO SPAZIO sia il contesto nel quale si è prodotta molta innovazione tecnologica e organizzativa non è certo una scoperta rivoluzionaria. Meno noti sono i dati attorno ai trattati di sfruttamento commerciale dello spazio, i progetti di terraformazione, la ricerca di forme di vita aliene, le ipotesi di colonizzazione della Luna, Marte, di sviluppo di futuribili navette spaziali, di telescopi interplanetari, di resistenza degli astronauti nelle stazioni orbitali e via elencando.
Lo stesso autore esprime dubbi su tali scenari, realistici o meno. Cita progetti, elenca temi come la biopolitica con lo scopo di attestare il fatto che il capitalismo mutiplanetario è sì un sogno, ma che ci sono uomini e donne che vogliono farlo diventare realtà. Per il momento c’è fantasia, meglio fantascienza ma non è detto che, come in passato, la fantascienza non segnali tendenze molto forti nelle strategie nazionali e multinazionali che vedono protagonisti vecchi e nuovi potenti della Terra.