Conto alla rovescia per un decreto sulle tutele per i lavoratori delle piattaforme digitali che operano sulle applicazione e sono coordinati dagli algoritmi. Sarà contenuto nel «decreto dignità» annunciato dal vicepremier e ministro del lavoro Luigi Di Maio insieme a un timido restyling del Jobs Act. L’abolizione dell’articolo 18 non dovrebbe essere revocata, mentre si punterebbe a un ripristino della causale per i contratti a termini e alla riduzione dei rinnovi, resterebbe il limite complessivo fissato a 36 mesi. Interventi tutto sommato lievi su uno dei motori dell’occupazione precaria che ha battuto ogni record. Le imprese hanno già fatto sentire un certo malumore. Il decreto dovrebbe arrivare in consiglio dei ministri a fine mese.
Per ora l’attenzione è catalizzata dai ciclofattorini. Le Union Riders di Bologna e Roma sono state ricevute da Di Maio, come primo atto da ministro. La consultazione è proseguita nei giorni scorsi su skype, allargata anche ai colleghi auto-organizzati di «Deliverance Milano». La prossima settimana è previsto un terzo incontro. Il progetto è stato sottoposto ai lavoratori che si stanno confrontando. Ci sarà il confronto con le piattaforme. Cgil, Cisl e Uil hanno ribadito di essere pronte al confronto.

La novità di rilievo è che, con ogni probabilità, per la prima volta nel settore delle consegne a domicilio che opera sulle piattaforme, sarà sancita per decreto la condizione di lavoratori subordinati. Il chiarimento dello status di lavoratore, e non di collaboratore, libero imprenditore, dei «riders» è una delle rivendicazioni in tutta Europa. Lo stesso problema riguarda gli autisti di Uber, ad esempio. Lo status è stato negato da una sentenza del tribunale del lavoro di Torino sul caso Foodora, solo due mesi fa. Che lo faccia un governo è il segno che questa generazione di lotte sta avanzando. Di certo le aziende non saranno contente, e resta da capire quali assicurazioni darà in cambio il governo. Ci potrebbero essere infatti tagli di organico o, addirittura, l’abbandono del mercato. Cedere in Italia, significa cedere ovunque nel mondo.

Nel caso dei «rider» la definizione di un contratto di lavoro subordinato dovrebbe comportare il divieto del cottimo 2.0. La paga minima oraria sarà commisurata ai livelli dei contratti nazionali. Logicamente ciò comporta il riconoscimento dei diritti di malattia, maternità e infortunio, le ferie, la libertà di associazione sindacale. Tale libertà potrebbe essere definita in base ai criteri attuali della rappresentanza ricavata sul piano nazionale. A quel punto si dovrebbe capire quale spazio avrebbe la libertà di auto-organizzazione dei lavoratori. Altro particolare importante: ricondurre l’attività dei rider alla contrattazione – resta da capire in quale tipo di contratto (logistica, servizi, commercio?) – significa tutelare i lavoratori anche quando non fanno consegne.

In generale il riconoscimento della subordinazione nel campo del lavoro digitale dovrebbe essere accompagnato da un allargamento dei criteri esistenti nel diritto attuale e, probabilmente, a una ridefinizione di una parte del lavoro occasionale, dato che il lavoro digitale si nutre ampiamente di questa categoria. Ciò potrebbe avere un impatto anche sull’uso indiscriminato di co.co.co., collaborazioni occasionali e partite Iva. È un’operazione di ampia portata che non dovrebbe essere affrontata solo con un decreto, ma con una legge del parlamento. Entro fine mese Di Maio dovrebbe chiarire anche questo aspetto, non secondario