Il semaforo verde di Rousseau avvia l’ultimo giro nella formazione del governo Draghi. Un sì ufficiale di LeU ancora non c’è ma le dichiarazioni di molti suoi esponenti fanno intendere che anche lì una parte maggioritaria è orientata a votare la fiducia. Dunque Draghi ha tutte le possibilità di definire la lista dei ministri.

Lo farà quasi certamente oggi con il capo dello Stato, anche se l’annuncio formale potrebbe arrivare domani. L’esame della lista con Mattarella potrebbe richiedere un po’ di tempo, mentre la simbologia prevede che allo scioglimento della riserva segua a strettissimo giro la lettura dell’elenco dei ministri.

I nomi restano circondati dal mistero, oggetto solo di ipotesi. Di certo c’è che Draghi vuole che il suo governo sia operativo subito e per questo si è interessato non solo all’individuazione delle figure al vertice ma anche dell’intera macchina di ogni ministero, cioè delle figure chiave che ne garantiscono il funzionamento. Proprio questa esigenza considerata prioritaria, sommata a quella di garantire una certa continuità con il governo uscente, potrebbe portare alla conferma di alcuni ministri di peso: Lamorgese agli Interni e Speranza alla Salute, ma anche Di Maio agli Esteri e alla Difesa Guerini, apprezzato anche dal capo dello Stato.

L’eventuale conferma di Speranza non significa che l’ex presidente della Bce non ritenga opportune modifiche e «cambi di passo» nel fronteggiamento della pandemia, nella gestione del piano vaccini e in quello dei ristori. In ballo, insomma, non ci sono solo i ministeri ma anche il commissariato oggi di Arcuri e la guida dell’Inps, al momento in mano a Pasquale Tridico.

Ieri, per qualche ora, si era diffusa la voce di una pressione dei 5S su Conte per un suo ingresso, ipotesi che in realtà scombinerebbe ogni organigramma sin qui ipotizzato con discrezione da Draghi. La continuità, a quel punto, sarebbe incarnata da lui e non potrebbe più essere ripetuta anche nei ministeri. In quel caso, inoltre, la destra chiederebbe l’ingresso di un nome altrettanto pesante, probabilmente Salvini, e tutto diventerebbe molto più difficile. Pare che l’eventualità non sarebbe gradita né all’incaricato né sul Colle. Non ci sarebbe da stupirsene.

Sempre che Draghi opti davvero per un governo tecnico-politico. Qualche dubbio, ieri, ancora circolava e non è un mistero che un formula composta da tecnici scelti dal premier e da esponenti d’area vicini ai partiti ma non di prima fila non dispiacerebbe al dem Zingaretti. Sulla carta resta possibile ma nulla ieri autorizzava a pensare che Draghi voglia imboccare questa strada.

Un capitolo a parte, ma essenziale, è rappresentato dal nuovo ministero della Transizione ecologica. Per Grillo dovrebbe accorpare il ministero dell’Ambiente e l’intero Mise, ma Draghi sarebbe invece orientato a scorporare il Mise, passando al nuovo ministero solo la gestione del settore Energia ma non quello delle Attività produttive, che implicherà la delicatissima trattativa sulle aziende in crisi. Nonostante la «paternità» dell’Elevato non sembra probabile che per la guida del superministero sia scelto un 5S. Si tratta di una casella centralissima nella gestione del Recovery che il premier vuole affidare a figure tecniche: in pole position sarebbe Enrico Giovannini, massimo esperto di sviluppo sostenibile in Italia e non solo. Al Mise potrebbe restare Patuanelli mentre le Infrastrutture non dispiacerebbero a Giorgetti, il più accreditato tra i possibili ministri leghisti.

Draghi non ha trattato e non tratterà con i partiti. Non significa che non si sia tenuto in contatto e non abbia preso atto dei loro desiderata, pur non vincolanti. La nota dolente è che si tratta per lo più di maschietti mentre l’ex presidente della Bce ha fatto capire in ogni modo di aver a cuore l’equilibrio di genere. Tra le donne che potrebbero entrare in campo Fi ne schiera addirittura tre, Bernini, Gelmini e Carfagna, la Lega due, Bongiorno e Stefani, altrettante Iv, le uscenti Bellanova e Bonetti, che potrebbe prendere l’Istruzione se Bellanova non tornasse all’Agricoltura. Il Pd neanche una. Ma è probabile che nella sezione tecnica della squadra, quella «di Draghi», le proporzioni di genere saranno rovesciate.