Lo spazio occupato da un corpo, non necessariamente umano, è parte di una comparsa più ampia oppure porzione delimitata da argini precisi. Diventano confini lattiginosi se li percorriamo di notte, nel sonno, o più nitidi se li calpestiamo di giorno, in veglia. Guadagnano spesso nomi che vogliamo tenerci accanto: per esempio Monique Wittig, Clarice Lispector, Mariangela Gualtieri, Kae Tempest e altri. Quando sono cari, possono essere chiamati Luoghi amati – il titolo della seconda silloge poetica di Viola Lo Moro che suona come una dichiarazione d’intenti. Sul dove ci troviamo, anche adesso, oggi, e sul chi di ulteriori prossimità e alleanze che intendiamo costruire. Con l’editore Giulio Perrone (per cui Lo Moro, insieme a Nadia Terranova e Giulia Caminito cura la collana «Le mosche d’oro»), dopo Cuore allegro, l’autrice, femminista tra le ideatrici del festival romano «InQuiete» e attiva da anni all’interno della Libreria Tuba, di cui è socia, nel promuovere tante scrittrici, si muove con passo sicuro in una raccolta che orienta in paesaggi terrestri, sentimentali, politici ed erotici (pp. 87, euro 16).

I corpi hanno a che fare con i luoghi, a un tempo destinazioni e origini e che, nella scrittura poetica di Viola Lo Moro, assumono tutta la forza e la fragilità di cui sono dotati. Ciascuno possiede la propria fisionomia, la propria scomodità nello stare al mondo, come le creature oranti che, in apertura, domandano salvezza al «dio dei posti», in una sorta di ballata solitaria e post-industriale. Pregano, laicamente – sembra quasi di sentirne la voce – che venga loro concessa la libertà di convocare la rabbia.

POCO PIÙ AVANTI, ci sono le iguane che in una esatta isola «hanno appena cominciato l’avventura del respiro». Un procedere vulcanico, secco e indifferente a troppe interpretazioni. Scrive bene Elena Biagini nella puntuale postfazione, di quei corpi riscontriamo diversi sguardi che sono anche sezionanti, medicalizzati, come nel caso delle poesie che seguono «Sale d’aspetto». Di sensi e organi, Lo Moro ravvisa spasmi onirici, attese talvolta incompiute, movimenti che raccontano di una vita ancora in essere oppure non più. I segnali sono molteplici, nel mezzo di una navigazione notturna può capitare ci si svegli al tatto di un «ginocchio puntuto/ albero maestro della mia/ traversata» o nell’attenzione dedicata alle ossa – dalla chiesa di Santa Lucia a Siracusa fino ai boschi di Srebrenica – dicendo di sacrifici e massacri della storia. Restituendone la presenza vivente nella memoria che li sa custodire. Anch’essi sono luoghi amati, insieme a quelli della visione – ce ne sono tante in questo libro, brillano di un passato che emerge e convocano il futuro che è un al di là difficile in cui immergersi. Ci sono nascite, albe, inizi primordiali del ritrovarsi due, e perdite, disfacimenti ineluttabili, figli mai fatti. Come a dire che si può essere visitate anche da cose mai avvenute e provarne nostalgia. Nell’averle sognate. E nell’averle sapute lasciare andare.

UN DISCORSO a parte merita l’amore, perché a ragione diventa contrappunto di un piacere spesso rimosso e che qui, come nella raccolta precedente, Viola Lo Moro esplicita nella benedizione del toccare e del sentire. Le amate sono l’antidoto alla dimenticanza, amare è lo scandalo rivoltoso che possiamo forse concederci per erodere la paura di questo presente e delle sue promesse di morte, di cui non si ignorano i termini. Sono incontri che svettano le età, del mondo come degli umori e ancora dell’eros. Amanti e bambine si confondono con ombre, antenate e disincarnate, si connettono in «una corrente profonda del mare» per poi divenire licheni che si succhiano e sono capaci di inondare. Accade però che queste donne, questo abitare nello sconquasso del cuore, non reclamino di restare per sempre bensì di sopravvivere alla «fine di tutte le cose». E, nella voracità contemporanea di relazioni e rapporti, che qualcuno o qualcosa si opponesse al disamore imperante desiderando di restare, di misurarsi nella gratitudine lenta dell’altra e dell’altro, sarebbe già un felice imprevisto, di certo sovversivo.

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SCHEDA. InQuiete, a Roma il festival delle scrittrici

Oggi alle 19 alla libreria Tuba di Roma, la prima presentazione di «Luoghi amati». Insieme all’autrice interverrà Elena Biagini. Viola Lo Moro farà un reading poetico anche nell’ambito di InQuiete che quest’anno si svolgerà in due momenti: 7-8 ottobre e 15-16 ottobre. Per le organizzatrici, Barbara Leda Kenny, Francesca Mancini, Barbara Piccolo e Maddalena Vianello: «Mai come quest’anno sentiamo che è uno spazio aperto a tutte e tutti». Tra le ospiti: Silvia Bre, Sara De Simone, Nadia Fusini, Jhumpa Lahiri, Dacia Maraini, Laura Marzi, Rahma Nur, Liliana Rampello, Tamara Tenenbaum, Nadia Terranova, Nadeesha Uyangoda. Per info www.inquietefestival.it/