È  l’Uganda il Paese che, in cambio di promesse e di aiuti (al momento segreti), ha accettato di accogliere le decine di migliaia di migranti africani che Israele si prepara a deportare nei prossimi mesi, forse nelle prossime settimane. Dall’Uganda per ora non arriva nessuna conferma. «Non siamo a conoscenza di un tale accordo» ha detto David Apollo Kazungu, commissario del Dipartimento ugandese per i rifugiati, «accordo che riteniamo contro il principio internazionale di non respingimento e della concessione dell’asilo a coloro che hanno bisogno di esso». Ma il quotidiano Haaretz è certo della notizia che ha potuto pubblicare solo dopo la revoca della censura imposta sull’intera vicenda. Israele, ha scritto il giornale, finanzierà i voli dei migranti verso Kampala e il loro assorbimento lì. Ad ognuno di loro sarà consegnata una somma di denaro, pare 1.500 dollari. Non si sa quello che Tel Aviv ha promesso all’Uganda in cambio, anche perché tutto si è svolto in segreto, senza invitare ai colloqui i rappresentanti dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Si sa però che le espulsioni verso l’Uganda degli africani – in maggioranza sudanesi ed eritrei – dovrebbero cominciare dopo il 25 settembre, a conclusione delle festività ebraiche del Sukkot (Tabernacoli). Lo aveva rivelato Gideon Saar, il ministro dell’interno. Saar aveva anche chiarito che i migranti non saranno deportati contro la loro volontà. E il giorno dopo il ministero della giustizia ha aggiunto che da un punto di vista legale lo Stato di Israele non sta espellendo i cittadini del Sudan e dell’Eritrea. Non la pensano così i centri per i diritti umani. Si rischia, avvertono, di mettere in serio pericolo migliaia di migranti che in futuro potrebbero essere espulsi dall’Uganda versi i Paesi di origine. Sotto la pressione dei partiti di destra e di una fetta consistente di opinione pubblica che, come accade in altri Paesi dell’area occidentale accusa i clandestini di ogni nefandezza, il governo Netanyahu ha adottato misure molto rigide per impedire l’ingresso degli «alieni». Ha fatto costruire un muro lungo il confine con l’Egitto e un carcere speciale nel Negev, la struttura di detenzione più grande del mondo, con la capacità di ospitare oltre 11.000 migranti, in buona parte in tende. Ha inoltre introdotto il reato di immigrazione clandestina senza garantire tutele effettive ai richiedenti asilo. All’immigrato inoltre viene fatta firmare una dichiarazione di deportazione volontaria che, secondo alcune denunce, in realtà sarebbe imposta. Misure che hanno sigillato il Paese: secondo i dati del Comando Sud delle Forze Armate di Israele, nel mese di giugno solo cinque migranti hanno attraversato il confine. La nuova normativa inoltre ha fatto impennare il numero di immigrati africani rinchiusi dietro le sbarre di una prigione: solo nel centro di detenzione di Saharonim, sono passati in un anno da poche centinaia di unità a oltre 2.400. A riferire per primo dell’accordo con un Paese africano era stato un paio di mesi fa il sito Ynet. In cambio di forniture di armi e addestramento militare, questo Stato avrebbe accolto le decine di migliaia di migranti espulsi da Israele. Non solo armi però: anche sostegno in campo agricolo ed economico. Negli ultimi anni Israele ha migliorato le sue relazioni con l’Uganda a cui avrebbe fornito pezzi di artiglieria e droni. Imprese di sicurezza israeliane inoltre hanno addestrato le forze speciali ugandesi sia in Israele