Prima manifestazione ieri a Bruxelles per protestare contro l’incarcerazione di 8 (ex)consiglieri della Generalitat e per denunciare il rischio di estradizione del presidente dimesso, Carles Puigdemont, e dei 4 (ex)consiglieri rifugiati nella capitale belga. Giovedì prossimo, andrà a Bruxelles una delegazione di sindaci catalani, per «spiegare e internazionalizzare la versione» degli indipendentisti. Intanto, ieri il Belgio è rimasto tutta la giornata in attesa del mandato di arresto europeo, firmato ieri sera dalla Spagna. Secondo la direttiva europea integrata nelle legislazioni nazionali 13 anni fa, è una relazione tra Procure. Il governo belga non ha nessun ruolo ufficiale. Se arriva l’euro-ordine di arresto, «non c’è niente da fare», Carles Puigdemont «verrà consegnato», al massimo entro due mesi, ha detto la ministra dell’Ambiente Marie-Christine Marghem, la Spagna «è un paese sovrano, democratico, dotato di Costituzione e leggi votate democraticamente».

Questa resta la posizione ufficiale della Ue, che non è cambiata neppure dopo gli arresti di Madrid. Per la Commissione «il dossier è di sola competenza dell’autorità giudiziaria, di cui rispettiamo in pieno l’indipendenza». Germania e Francia non hanno cambiato posizione dall’inizio della crisi. «Non vedo la necessità di commentare decisioni di un tribunale spagnolo», ha detto il portavoce di Angela Merkel, la Germania «sostiene la posizione chiara del capo di governo spagnolo», Mariano Rajoy (che con Merkel condivide l’adesione al Partito popolare europeo). «Questa questione deve essere trattata nel quadro della Costituzione spagnola», ha commentato il Quai d’Orsay. Il ministro degli Esteri spagnolo, Alfonso Dastis, ha affermato che «non ci sono tensioni» con il governo belga. Bisognerà vedere come verrà eseguito il mandato di arresto europeo: il governo belga era stato l’unico a criticare le violenze del 1° ottobre e allora Madrid aveva minacciato di non sostenere la candidatura belga alla testa di Europol. L’avvocato di Puigdemont, Paul Bekaert, vuole far riferimento al rifiuto di eseguire un ordine di arresto europeo chiesto dalla Spagna al Belgio nel 2013, per una militante dell’Eta: farà appello contro il mandato d’arresto europeo (la Spagna è sotto esame da parte del Consiglio d’Europa per rischio di tortura nelle carceri).

La Spagna ha chiesto alla Serbia di rinunciare a inviare alla Commissione una lettera per avere chiarimenti sui «due pesi due misure» rispetto ai casi della Catalogna e del Kosovo: 9 anni fa, il Kosovo era stato riconosciuto da quasi tutti i paesi Ue (ma non dalla Spagna), malgrado l’indipendenza fosse «illegale» per Belgrado. Per la Commissione la differenza è che la Spagna è «un paese membro» della Ue. La Serbia ha ricordato che nel 2008 aveva «avvertito che il Kosovo sarebbe stato il vaso di Pandora» dei piccoli nazionalismi. La Commissione chiede oggi alla Serbia, che spera di entrare nella Ue, di «normalizzare le relazioni» con il Kosovo.