I secondi, Brunetta e Nardella, hanno dissodato il terreno nel week end. Ora la palla passa ai titolari: Matteo Renzi per il Pd e per Forza Italia Denis Verdini. Non Berlusconi in persona, perché lui solo a sentir parlare di legge elettorale stramazza. Ma il capofalco è da considerarsi a tutti gli effetti suo plenipotenzario. Non che i due toscanacci siano ancora entrati nel merito della faccenda. Però hanno deciso di farlo, e non è poco.
Denis chiama al telefono: «E’ ora che ci si parli». Matteo apre le porte: «Va bene». Se sono rose fioriranno ed è facile che lo siano perché il segretario va avanti come un panzer e la diplomazia di maggioranza nemmeno sa dove stia di casa. Maria Elena Boschi, la fedelissima incaricata dal sindaco-segretario di coprire il fronte da cui dipende per intero il futuro politico dei partiti e del governo, intervistata dal Foglio non la manda a dire: «Certo che stiamo trattando anche con Forza Italia. Non è un segreto. Lo stiamo dicendo da tempo». I ragazzi di Alfano, che ogni giorno riscoprono di essere candidati al ruolo scomodo di agnelli sacrificali e non gradiscono la parte dell’arrosto, s’imbufaliscono. «Attenti con la politica dei due forni, che così si bruciano sia le mani che la pizza», ammonisce Paolo Naccarato.

Ma Renzi tira avanti come se nulla fosse. Al Tg4 dichiara: «Le regole si fanno con tutti, così poi nessuno può rivendicare il diritto di veto. A Grillo e Berlusconi dico: siete disponibili a un’intesa? Se sì, la legge si fa in un quarto d’ora». Alfano sente il cerchio stringersi e fa quel che può, cioè non molto, per rompere l’assedio: «Ci sono tutte le condizioni per scrivere una buona legge elettorale nell’ambito della maggioranza e non vedo ragioni perché Renzi dovrebbe essere contrario». E Però quelle ragioni che ad Angelino sfuggono ci sono eccome. Il doppio turno che gli ex pdl offrono comporta un rinvio dei tempi di approvazione della nuova legge, e non solo perché il pacchetto che sogna Ncd comprende anche una maxi riforma costituzionale con elezione diretta del premier, e per una materia simile di anni ce ne vorrebbero un paio.

Ma anche se Alfano rinunciasse al suo miraggio, accontentandosi di una legge che non lo costringe a tornare in ginocchio da Silvio, i problemi resterebbero. Fino a che resta in vigore il bicameralismo, la legge dovrebbe essere tarata anche sul senato, dove il doppio turno ripresenterebbe pari pari le garanzie di ingovernabilità già proprie del Porcellum. Perché una legge simile sia efficace bisogna prima essere certi che non ci sia più il senato, ma quella certezza non ci sarà sino a che la riforma costituzionale che cancella il bicameralismo non sarà compiuta. Di fatto, ci vorrebbero molti mesi.

Anche se tiene le carte ancora coperte («ci sono tante soluzioni possibili, l’importante è che sia una legge chiara che permetta di sapere la sera stessa del voto chi ha vinto e chi governa») per Renzi il Mattarellum resta dunque il vero oggetto della trattativa. Lo vorrebbe corretto con la trasformazione della quota proporzionale, tutta o in parte, in premio di maggioranza. Ma su questa ipotesi pende la spada di Damocle della Consulta. Le motivazioni della sentenza che ha abrogato il Porcellum, annuncia Valerio Onida, arriveranno tardi, intorno al 14 gennaio. E potrebbero bersagliare proprio il premio di maggioranza.
La soluzione potrebbe essere un Mattarellum modificato in un solo punto, però determinante: l’abolizione secca dello scorporo basterebbe a cassare il grosso della componente proporzionalista. Renzi, Berlusconi, Grillo e Vendola potrebbero accettare una mediazione simile. Alfano, Casini e i resti di Scelta civica no, ma non avrebbero la forza di opporsi.

A frenare, però, è adesso proprio Silvio Berlusconi. Dopo aver offerto in pompa magna il Mattarellum, ieri Fi ha iniziato a mostrare perplessità eloquenti. Non è che il Cavaliere abbia cambiato idea. Ma, da buon mercante, vuole essere sicuro di incassare il suo prezzo: le elezioni in primavera. Senza la certezza di ottenerle non ci sarà nessun accordo Pd-Fi, e per la fine di gennaio la legge elettorale starà dove è stata sinora. Nella palude.