Ma Verdini che fa, arriva o non arriva? Lo porta o non lo porta l’agognato soccorso azzurro alla traballante maggioranza che sulle riforme costituzionali rischia altrimenti di finire gambe all’aria? Ma certo che il sanguigno fiorentino arriva: a modo suo è un tipo affidabile. Schiererà la sua pattuglia, piccola ma preziosa, addirittura prima del previsto. Il sostegno urge per settembre, quando la riformona arriverà in aula al Senato. Denis mira a formare il neo-gruppo Centro per le riforme entro una settimana.

Soccorso azzurro? Mica tanto. I senatori targati Arcore, grasso che cola se il renziano di rincalzo se ne porta dietro un paio. Ma spaccare l’armata azzurra è sin dall’inizio un obiettivo secondario. Trattasi piuttosto di adoperarsi più o meno come usa fare nelle operazioni di riciclaggio di capitali sporchi. Solo che in questo a dover essere opportunamente camuffati non sono soldi di provenienza oscura ma voti di provenienza troppo chiara. Voti, insomma, che non sarebbe commendevole per il Pd renziano sfoderare come determinante apporto per la riscrittura della Carta. Meglio depositarli in una struttura parlamentare creata ad hoc e contrabbandata come espressione di una scissione nel partito di re Silvio. Lo sanno tutti che il popolo di sinistra, quando c’è di mezzo lui, ragiona con la lucidità del toro quando vede rosso. Applaudì persino il governo della troika: figurarsi se non chiude un occhio anche stavolta.

In effetti, i senatori che daranno vita al gruppetto verdiniano proveranno per di più dal Gal, Gruppo autonomie locali, una specie di Gruppo misto di destra. Viene dato per certo il varco di frontiera di 5 senatori: Vincenzo D’Anna, Antonio Scavone, Giuseppe Compagnone, Lucio Barani e Antonio Stefano Caridi. Ancora incerto, invece, il salto di Giuseppe Ruvolo e Michelino Davico, quest’ultimo attualmente unico membro della componente Idv del Gal. Se questi ultimi dovessero mancare, si presenterebbe un problema. La squadretta difetterebbe dei numeri sufficienti per formare un gruppo parlamentare: 10 senatori. All’alacre Denis toccherebbe rinviare e darsi da fare ancora qualche giorno.

Quasi tutti i nomi di cui sopra vengono dalle aree politiche dell’ex governatore della Sicilia Raffaele Lombardo, attualmente condannato e perpetuamente interdetto per concorso esterno in associazione mafiosa, e di Nicola Cosentino, già sottosegretario, già onnipotente ras azzurro in Campania, coinvolto in inchieste per faccende di camorra casalese. Gentiluomini che a chiamarli «responsabili» si rischia di riabilitare la leggendaria coppia Razzi-Scilipoti e che approderanno agli onori dovuti ai padri della Repubblica. Impossibile dar torto al partito di Renzi se si affanna per renderli il meno visibili possibile.
Ma che ci fa là in mezzo l’Idv? Per la verità anche il partito fondato da Di Pietro viene adoperato dal Pd, quando occorre, come stazione intermedia nella marcia d’avvicinamento all’esercito renziano: utilissimo per allocare senatori che, per qualche motivo, è preferibile non far vedere troppo contigui al Nazareno. Un paio di giorni fa, due senatori ex M5S del gruppo misto, Maurizio Romani e Alessandra Bencini, sono diventati Idv e sono in questa veste pronti a votare col Pd. Glielo avessero mai detto, a Di Pietro, che la sua creatura era destinata a finire così, avrebbe probabilmente reagito con i pugni.