Posidonia è un bel romanzo, tra biografia, autobiografia e storia del teatro italiano, che Elisabetta Montaldo ha dedicato alla nonna Vera Vergani, famosa attrice italiana degli anni Venti (Il Melangolo). Elisabetta è una costumista da David Donatello (I cento passi e I demoni di San Pietroburgo), ma anche pittrice e questo non è il suo primo romanzo, avendo già pubblicato con Dante &Descartes Rafila, e una sorta di guida culturale alla sua isola, Procida – un luogo dell’anima che ha un ruolo importante anche in Posidonia. 

Di Vera Vergani sapevamo che era la sorella dello scrittore e giornalista Orio Vergani e la nipote di Vittorio Podrecca, celebre marionettista friulano, e che aveva cominciato a recitare, ancora bambina, a Cividale del Friuli. Giovanissima era diventata la prima donna nella compagnia di Ruggero Ruggeri; è stata la Figliastra nel cast della fischiatissima prima di Sei personaggi in cerca d’autore e ha protetto con il suo corpo l’autore, che rischiava quella sera un linciaggio niente affatto morale.

Interprete teatrale apprezzata anche da Antonio Gramsci, è nella compagnia di Dario Niccodemi che trovò la sua collocazione migliore, anche perché intrattenne col regista e scrittore una relazione che durò una decina d’anni e sulla quale si concentra una discreta parte del romanzo. Elisabetta Montaldo infatti, racconta la vicenda di Vera anche per ricostruire per se stessa una storia che la nonna nascose a lungo ai figli. Vera infatti abbandonò bruscamente il palcoscenico nel 1931 per sposare il capitano di marina Leonardo Pescarolo, che aveva conosciuto nei suoi viaggi transatlantici in Argentina, dove la sua compagnia si recava regolarmente nelle cicliche crisi del teatro italiano, e dal quale ebbe due figli, «associati» ora al cinema, Vera (attuale moglie di Giuliano Montaldo) e il produttore Leo Pescarolo.

Vera Vergani stessa ebbe a che fare, e non poco, col cinema, ma come molte attrici di teatro di quella generazione, lo considerava una scelta «alimentare», come si suole dire, ovvero un mestiere che pagava bene (oltre a darle una grande popolarità.) La sua recitazione sobria, un viso moderno, una figura snella ne fecero invece una star. Esordì nel cinema nel 1916, in due film di Augusto Genina (Il presagio e La menzogna) e lavorò poi con Roberto Roberti (padre di Sergio Leone), Camillo De Riso, Guglielmo Zorzi e il francese Gaston Ravel.

Nel 1920, fu protagonista, con Nerio Bernardi, di alcuni drammoni firmati da Mario Caserini, che ebbero grande successo, ma nel 1921, ovvero all’inesorabile declino del cinema italiano muto, decise di lavorare solo in teatro. Nel libro la carriera cinematografica di Vera, è ripercorsa per lo più attraverso le foto di scena che evocano visivamente languori ed eccessi del muto italiano. Posidonia però è anche la storia del nonno Pescarolo, capitano nato a Procida, imbarcato su transatlantici di lusso, coi suoi viaggi in cui si incontrano la cosmopolita folla delle crociere transoceaniche e personaggi del tempo, da Marconi a Toscanini ai duchi di Windsor.

In Posidonia Elisabetta Montaldo proietta sul racconto in prima persona della vita di Vera il suo modo di sentire, identificandosi in alcuni suoi tratti trasgressivi e proto femministi, oltre che nell’amore per Procida, e raccontando, con il gusto della costumista, la sua eleganza nel vestire, inclusa la decisione di non indossare la biancheria intima sotto un abito da sera particolarmente avvolgente. Racconta la caparbia concentrazione di Vera sugli obiettivi da raggiungere, ma anche la capacità di mollare gli ormeggi per lasciarsi andare a una vita domestica pacificata e quindi il suo radicamento nell’isola.

Ne risulta un romanzo che da un lato segue le vicende di una famiglia che ha fatto la storia del teatro italiano, dai Podrecca ai Vergani, sullo sfondo di un’Italia tra fascismo e cosmopolitismo, dall’altro propone tra le righe un’autobiografia trattenuta, che mantiene lo spirito un po’ ribaldo di una nonna che merita una riscoperta, magari una retrospettiva.