Cronaca di sette mesi fa. 14 giugno 2013: terminate le repliche di Grandi coreografi al Maggio, uno dei programmi più prestigiosi presentati negli ultimi anni al Comunale di Firenze dalla compagnia MaggioDanza, con titoli a firma William Forsythe, George Balanchine, Andonis Foniadakis, Jirí Kylián, e la presenza eccezionale dell’ospite Sylvie Guillem, un comunicato stampa annuncia le dimissioni improvvise dell’allora direttore del Ballo, Francesco Ventriglia.

Clima rovente, legato a doppio filo alla situazione gravissima della Fondazione del Maggio commissariato e ai tempi a rischio chiusura, ma anche a problemi specifici della compagnia di danza formata in quel momento da 17 stabili e da più di 20 ballerini aggiunti con contratti a tempo determinato. La prima dello spettacolo Grandi coreografi al Maggio salta per uno sciopero sindacale con focosi contrasti interni tra i sindacati e la direzione del Ballo, contrario ad annullare il debutto di una serata di per sé portavoce della levatura qualitativa di una compagnia rinnovata nell’età e nell’organico.

Nelle sere successive lo spettacolo conferma la forza di una formazione che avrebbe potuto dare ancora molto a Firenze, complice l’investimento, oltre che sui più meritevoli danzatori stabili della compagnia, come le prime ballerine Letizia Giuliani e Gisela Carmona Gálvez, su giovani leve: uno per tutti Alessandro Riga, étoile residente di MaggioDanza, scelto da Guillem per danzare Forsythe insieme ai talentuosi ventenni Massimo Margaria e Michele Satriano, portati a Firenze da Ventriglia e appartenenti come tanti altri al gruppo degli «aggiunti». Chiuse le repliche, in attesa di capire se MaggioDanza ce l’avrebbe fatta o no a sopravvivere dopo la minaccia dello scioglimento, le dimissioni di Ventriglia innescano sul web una battaglia di pro e contro direttore, lasciando di stucco.

Sparito Ventriglia, allo scopo di garantire il regolare svolgimento della annunciata stagione estiva del ballo, fu richiamato alla direzione Giorgio Mancini, ma ahinoi, dall’estate a ora l’organico di successo del giugno 2013 è morto: via gli aggiunti, tenuti solo gli stabili, diventati 18. La storia non finisce qui.

Prima dei botti di fine 2013, Ventriglia decide di parlare. Manda di suo pugno alla stampa un comunicato in cui racconta di essere stato richiamato a fine novembre dal Commissario Straordinario Francesco Bianchi e dal direttore Generale Alberto Triola. Nel quadro di risanamento economico e strutturale della Fondazione, gli propongono di accettare nuovamente l’incarico di direttore attraverso una forma gestionale diversa dalla precedente. Ma a un passo dall’accordo le trattative si chiudono. Ventriglia riceve da Bianchi uno scritto, che manda insieme al suo comunicato, nella quale si legge che, durante la trattativa sindacale del 28 dicembre, «ci è stato detto unitamente dalle 4 sigle sindacali (Fials, Cgil, Cisl e Uil) che un accordo che vedesse lei o una società a lei riconducibile come controparte della Fondazione del ’Progetto ballo’ non troverebbe né l’accordo delle OOSS né la firma dei singoli lavoratori, entrambi condizioni indispensabili di efficacia di tale accordo».

I sindacati sulla faccenda rispondono «nessun diktat nei confronti di Ventriglia, nessuno ci ha mai fatto nomi e cognomi». Ma Ventriglia dichiara: «Per salvare il Nuovo Contratto Integrativo posto come condizione per l’attuazione del Piano Triennale del risanamento del Maggio Fiorentino, il Commissario è stato costretto a fare un passo indietro. Dopo la mia mancata nomina a direttore del Ballo del Teatro San Carlo di Napoli e gli ultimi fatti di Firenze mi è chiaro che subisco un ‘ostracismo’ da alcuni Teatri d’opera italiani, che si lasciano ricattare dalle sigle sindacali, che non vogliono perdere il loro potere». Sylvie Guillem dall’estero non ha esitato a sostenere Ventriglia.

«Voglio chiarire – prosegue Ventriglia – che non sono contro il sindacato in sé, il diritto dei lavoratori è sacrosanto. Sono stato un ballerino alla Scala, prima che direttore. Sono contro chi usa il sindacato per salvaguardare i privilegi dei singoli a dispetto della qualità artistica, che nel teatro deve restare primaria. Mi sono dimesso in giugno perché non avevo più armi per combattere per la compagnia. Volevo mantenere tutti i danzatori, non potevo accettare di tenere solo gli stabili, lasciando fuori i 22 giovani. E chi tra loro ha creduto ai sindacati ha perso, perché sono stati mandati via. Avrei voluto che il sindacato difendesse anche loro. Tutelare i diritti di una compagnia di valore significa difenderne la qualità, l’eccellenza, perché non possiamo dimenticare che stiamo parlando del teatro e di arte. I sindacati intervengono sui cast, ma non si può pensare che un capolavoro come Quattro temperamenti di Balanchine non abbia nelle parti principali talenti giovani in piena forma fisica».

Il problema della forma dei ballerini, legata purtroppo all’età, è tutt’altro che marginale alla questione e apre scenari ben più articolati. «Il mio è un grido d’allarme – prosegue Ventriglia – Il mestiere del ballerino è altamente usurante. A 40 anni non siamo tutti come Roberto Bolle o Sylvie Guillem, manca una legge per tutti. La pensione dei ballerini è fissata a 46 anni, a un’età in cui tanti ruoli sono preclusi. Bisognerebbe avere un sistema per convertire le professioni, per utilizzare i danzatori, che fisicamente non possono più danzare, negli uffici, come maïtre, liberando contemporaneamente posti per i giovani. È una carriera breve, e nel rispetto del teatro, dell’arte, del pubblico, deve danzare chi lo può fare. La qualità dello spettacolo, della compagnia si ottiene con la meritocrazia, a fianco ci vuole una soluzione per chi non può più ballare. Mi appello al ministro Bray, a Renzi, serve una nuova legge per la danza, che rimetta in discussione i pensionamenti, i criteri distributivi del Fus, il controllo su come vengono utilizzati i soldi. Non è possibile che ci siano così tanti artisti che se ne vanno dall’Italia, disperati, alla ricerca di un lavoro all’estero e che sia lì che ottengono i maggiori successi».

Intanto a Firenze Bianchi ha presentato il piano di salvataggio della Fondazione del Maggio, la compagnia di ballo verrà gestita da una società esterna, guidata non si sa ancora da chi, anche se sono girati ufficiosamente alcuni nomi tra cui Carla Fracci, Cristina Bozzolini, Giorgio Mancini. «Il progetto sulla compagnia – chiude con amarezza Ventriglia – è ciò per cui mi hanno chiamato a novembre al Maggio e su cui ho lavorato in questi mesi: un piano quinquennale per dare 30 spettacoli all’anno al Maggio. Degli attuali 18 ballerini stabili, 6 sarebbero stati invitati al prepensionamento, 6 assorbiti dagli uffici, 6 rimasti a danzare. Mi sarei occupato con una società esterna degli altri 35 danzatori. Il Maggio mi avrebbe dato la residenza, l’uso degli spazi. Un modello di gestione tra il tedesco e l’americano per cui avevo già trovato la sostenibilità. Avevo già sentito coreografi, per avere titoli di Davide Bombana, William Forsythe, Angelin Preljocaj e altri. Ora alla testa di quel progetto ci sarà qualcun altro?»