Brutto tempo sul primo maggio francese. A un anno dall’elezione di François Hollande, le nubi si addensano. I sindacati per la prima volta dal 2008 non sfileranno assieme, le speranze di un anno fa sembrano appartenere a un altro mondo, i nuovi dirigenti di Cgt (Thierry LePaon) e di Cfdt (Laurent Berger) tornano alle vecchie divisioni: la Cgt sarà in corteo a Parigi con la Fsu e Solidaires, la Cfdt, con Unsa e la Cftc si limita a un meeting in uno stadio vicino a Reims, Force ouvrière è sola al Père Lachaise. I sindacati si sono divisi sull’Ani, l’Accordo nazionale interprofessionale, firmato dalla Cfdt con il Medef (la Confindustria francese), a cui si sono opposti Cgt e Fo, che criticano un’intesa che accresce la flessibilità del lavoro e le possibilità di licenziare, dando poco in cambio ai lavoratori. L’Assemblea l’ha votato quasi di nascosto, in pieno scontro sul matrimonio gay. Si è infranto così l’obiettivo di Hollande di trasformare a tappe forzate la Francia in un paese socialdemocratico. Non convince in queste ore una legge che dovrebbe tutelare in caso di chiusura di siti redditizi.

Il corteo più denso del Primo maggio rischia di essere quello del Fronte nazionale. L’estrema destra ha il vento in poppa. Secondo un sondaggio dell’istituto Csa, se si votasse oggi Hollande non arriverebbe al ballottaggio, superato da Sarkozy, che prenderebbe il 34% (il 6 maggio 2012 ha avuto il 27,1% al primo turno) e da Marine Le Pen, che dal 17,9% di un anno fa passa al 23% delle intenzioni di voto. Hollande, che aveva avuto il 28,6%, è ora al 19%. La gravità della situazione economica non va a vantaggio della sinistra della sinistra. Jean-Luc Mélenchon del Front de Gauche, che aveva avuto l’11,1%, oggi otterrebbe il 12%. Mélenchon organizza domenica 5 maggio un corteo a Parigi, per protestare contro l’austerità e a favore di un passaggio alla VI Repubblica.

I dati sulla disoccupazione sono drammatici. Mentre la zona euro ha battuto un altro record negativo a marzo, con 19,2 milioni di senza lavoro cioè più del 12% della forza lavoro (26,5 nell’Europa a 27), in Francia ci sono 5 milioni in cerca di un posto, 3,2 milioni senza nessuna attività, 8 milioni di poveri e più di 6 che hanno difficoltà a pagare la bolletta della luce. L’opposizione di destra accusa Hollande di essere «inadeguato». La rivolta verso la poca chiarezza della politica economica del governo Ayrault è arrivata anche nel cuore del Ps. Da venerdì scorso, da quando Claude Bartolone (presidente dell’Assemblea, terzo personaggio dello stato) ha attaccato Berlino chiedendo un «confronto/scontro» con Angela Merkel, l’ala sinistra del Ps è scesa in campo, accusando la cancelliera di essere «egoista».

Jean-Marc Ayrault ha cercato di rimediare, ma lo ha fatto con un modesto tweet in tedesco, alcuni ministri (Valls agli Interni, Sapin al Lavoro, Moscovici alle Finanze) hanno condannato lo scarto, anche se era stato lo stesso Hollande a mandare un segnale in questo senso, il 28 marzo, parlando di «tensione amichevole» con la Germania. Da Berlino, è arrivata una risposta ufficiosa: in un documento «di lavoro» del ministero dell’Economia, la Francia è descritta come «il malato d’Europa», con un’industria che «perde competitività», dove «la delocalizzazione prosegue», il «costo del lavoro è in forte crescita», la «pressione fiscale più alta della zona euro», mentre c’è «mancanza di investimenti nella ricerca e sviluppo». Solo ieri, Air France ha annunciato nuovi tagli, Phone House la chiusura (1200 impiegati), mentre parte la soppressione di 8mila posti di lavoro da Peugeot.