Impieghiamo una buona mezz’ora a raggiungere Han Song all’uscita nord ovest della metropolitana di Xidan, Pechino. Percorriamo i sotterranei della metro, tra scale mobili, gradini, migliaia di persone, entrate e uscite. Usciamo e rientriamo. Scendiamo e saliamo. E in tutto questo bell’andare, ci chiediamo se per caso siamo finiti in una delle sue trame. Han Song scrive episodi di fantascienza, romanzi e racconti, spesso ambientati in metropolitane, treni, aerei. È il mito di progresso, con i personaggi avvolti in mondi dalla breve memoria e un’ansia angosciata riguardo il futuro. È la Cina che cancella e depoliticizza il passato e tiene sulla corda il suo popolo riguardo l’avvenire. Si sa che si deve andare, veloci, in avanti (in cinese si usa l’espressione fazhanzhuyi, «sviluppo a tutti i costi»), ma non se ne conoscono le ragioni, i modi, gli scopi.

Poi lo troviamo questo scrittore di fantascienza cinese, cappellino sul volto, due occhi piccoli e una voce che si fatica a sentire. In un romanzo, Han Song ha messo tutti i cinesi in una metropolitana, perché sulla superficie si erano verificate delle calamità. I cinesi nelle vetture sotterranee non sanno cosa sia successo, se lo chiedono ma non hanno risposte. «Questa metropolitana – spiega Han Song – è nel cuore della terra, costruita con congegni molto sviluppati. L’autista del treno pensa che per superare la calamità non può far altro che attraversare il centro della terra e arrivare negli Stati Uniti, esattamente dall’altra parte. Quindi solo una volta arrivati negli Usa, i cinesi possono trovare un posto davvero sicuro. Ma non riescono ad arrivarci, per quanto vadano avanti. Tutte le nazioni sulla terra, infatti, anche i paesi amici, si sono trasferiti nello spazio, su un altro pianeta. Sulla terra, ormai deserta, sono rimasti solo i cinesi, che continuano a vagare». Han Song non è solo uno scrittore, tra i più accreditati, di fantascienza. È anche un giornalista dell’agenzia di stampa governativa, la Xinhua. Lo lasciamo lì, mentre ordiniamo un caffè in un bar della zona.

Sulla scia di Jules Verne
Prima di tornare da Han Song, ci rechiamo alla Beishida, la Normale di Pechino. Lì c’è uno dei personaggi che più di tutti gli altri anima la scena della fantascienza cinese, ovvero Wu Yan. Anzi, il professore di fantascienza (kexue huanxiang xiaoshuo in cinese) nel corso di Letteratura, Wu Yan. Critico, insegnante e anche scrittore, ha scoperto la fantascienza per caso: «sono cresciuto in una casa a corte che apparteneva all’esercito, ma non era riservata a militari. Mia madre era una ballerina, mio padre suonava lo erhu, uno strumento tradizionale. Durante la Rivoluzione culturale questo tipo di spettacoli venne proibito, e i miei genitori si ritrovarono senza lavoro. Molti continuavano comunque a scrivere sceneggiature, anche mio padre. Ma nessuno le metteva in scena. Nel nostro compound c’era una biblioteca, che in quel periodo era sigillata e l’accesso era vietato. Ma noi riuscivamo a intrufolarci e a leggere quei libri proibiti: libri del passato, libri stranieri. Lì scoprii Ventimila leghe sotto i mari di Jules Verne».

La storia cinese ha un impatto sulla vita delle persone che ogni volta colpisce e per certi versi sconvolge. Così accade con i generi letterari a cavallo tra la storia locale, sviluppi, proibizioni, nuovi rilanci e fasi di stallo. Wu Yan racconta: «nel 1975 in Cina cominciarono a vedersi libri di divulgazione scientifica. All’epoca vennero pubblicati alcuni libri di Ye Yonglie, uno scrittore di opere scientifiche molto famoso negli anni Cinquanta. Uno dei libri più popolari all’epoca era Centomila perché (Shiwan ge weishenme) scritto nel 1960, un testo di divulgazione scientifica. Ye Yonglie scrisse questo libro quando era studente a Beida. Il libro era una sorta di enciclopedia, organizzata per paragrafi: perché il cielo è blu, perché la lampadina illumina?».

In realtà durante la Rivoluzione culturale tutto sembrò fermarsi, in generale, non solo per la fantascienza. Dopo la morte di Mao e la graduale apertura del paese all’esterno, ci fu una nuova stagione in cui la letteratura fantascientifica si rapportava soprattutto agli Stati Uniti e al mondo capitalistico: «Ad esempio un romanzo di Tong Enzheng racconta la storia di due cinesi d’oltremare, entrambi scienziati che inventano nuove cose. Ma non vogliono dare le loro invenzioni ai capitalisti per farli arricchire, vogliono anzi riportarle in Cina. Uno di loro in aereo ha una batteria ad altissima energia, che provoca il crollo dell’aereo nell’oceano. Ma il protagonista non muore. Arriva su un’isola dove c’è un cinese artista che ha messo su un laboratorio di alte tecnologie. Ha realizzato un laser, ma gli manca l’energia. Ed è proprio quello che gli porta l’altro cinese. E insieme costruiscono un’arma. Poi arriva un capitalista che vuole accaparrarsi la loro invenzione. Il cinese inizialmente è in dubbio se dargliela o no. Alla fine non gliela dà e l’isola esplode».

Infine arrivarono le Riforme di Deng. E con le accuse di «inquinamento spirituale» anche la fantascienza fu costretta a fermarsi, ancora una volta: «Venne accusata di essere pseudoscienza. Si tratta di una cosa molto grave in Cina, perché affermiamo che il marxismo sia l’unica scienza esatta; se si dice che la fantascienza è una pseudoscienza, è come affermare che non è marxista». Così mentre gli scienziati erano invitati a scrivere articoli contro la pseudoscienza, finisce nella rete della censura anche un celebre racconto nel quale un uomo trova il modo di passare oltre i muri: oltraggio. «Il socialismo – spiega il professore – è buono veniva detto, perché inventare personaggi che vanno in un altro mondo?».

Harry Potter e l’avanguardia
Negli anni Novanta il genere riprende quota: «Nel 1991 – racconta Wu Yan – tenni il primo corso di fantascienza alla Normale di Pechino. Due miei allievi diventarono scrittori molto famosi: Yang Peng e Xie He. Apparve una nuova generazione di scrittori e di lettori. La redazione della rivista Science fiction world (Kehuan Shijie) era molto attenta al mercato e a come diffondere la fantascienza. Nel 1997 si tenne un’altra Conferenza internazionale della fantascienza a Pechino. Fu presente persino Zhou Guangzhao fisico e leader politico, dal 1987 al 1997 presidente dell’Accademia cinese di scienze sociali». Poi, dice il professore, è arrivato Harry Potter: «In Cina fantasy e fantascienza sono due cose separate e opposte. Chi legge fantasy non legge fantascienza, o il contrario!». Il mercato però ha le sue leggi e dopo anni di batoste dovute al gran proliferare di fantasy, solo ultimamente la fantascienza è tornata ad essere letta, anche perché «dopo un po’ il fantasy annoia».
Oggi la scena della fantascienza è occupata da alcuni scrittori di grido, tra cui Han Song, il giornalista della Xinhua che scrive romanzi perché «alcune cose che vedo non posso scriverle come articoli. Alcuni fatti sono davvero incredibili, capitano solo in Cina. Cose che una volta scritte sembrano proprio fantascienza ma non possono essere articoli, dato che Xinhua è un organo governativo». Secondo la critica Han Song è avanguardia pura, un genere nel genere: il giornalista scrittore non usa le forme della narrativa tradizionale, ma segue il flusso di coscienza. «Le sue storie – come aveva raccontato il professor Wu Yan – sono tutte ambientate nella Cina contemporanea. Il romanzo Oceano rosso (Hongse Haiyang) ritrae un futuro lontano, dove l’inquinamento è ovunque. Gli esseri umani si spostano a vivere nell’oceano. Ma anche le risorse dell’oceano sono limitate, gli esseri umani sono costretti a uccidersi e mangiarsi a vicenda per sopravvivere. Nella storia c’è un bambino che tenta di uccidere il fratello per prendere il comando del gruppo».

La critica lo accusa di essere troppo cupo (in un altro racconto, dopo un terremoto le autorità ricostruiscono i palazzi con i corpi dei cadaveri), lui racconta di affidarsi principalmente alla realtà, anche se in un romanzo, 2066 Red star over America pubblicato nel 2000, raccontava di attacchi terroristici negli Stati Uniti e il crollo delle torri gemelle.

Sprigionare gli immaginari
Con Han Song però più che la storia della fantascienza proviamo ad esplorare la «poetica», ovvero il ruolo che la fantascienza può avere in questa Cina così votata al progresso e apparentemente così vuota da un punto di vista spirituale. Partendo da quello che manca: «Pure se la Cina è sviluppata economicamente, mancano ancora molte cose. Come la legge, la solidarietà umana, il rispetto e l’interesse per gli altri. Anche in ambito scientifico, per più di trent’anni la Cina non ha prodotto nessuna invenzione o novità. Il Giappone ha ottenuto circa venti Nobel in ambito tecnico e scientifico, nella fisica, nella chimica, mentre la Cina neanche uno. Perché? Perché non abbiamo mai vissuto un rinascimento come il vostro».

Allora, ci chiediamo, in che modo un genere letterario potrà mai colmare queste «assenze»? «La scrittura può ampliare l’immaginazione e permettere alla gente di pensare a più di una possibilità. In Cina esiste sempre una sola possibilità, un solo futuro, deciso dall’alto. Si può andare incontro a un solo futuro. Ma di futuri dovrebbero essercene diversi e più di uno, e ognuno dovrebbe poterlo scegliere. Solo capendo questo, anche la Cina potrà avere un vero rinascimento simile a quello occidentale, solo allora il paese potrà alzarsi e crescere». Scrivere come suonare, come cantare: «Continuo a scrivere fantascienza da così tanti anni – prosegue Han Song – perché credo che sia la forma di letteratura più libera. La fantascienza è come la musica rock, che pure in Cina è stata spesso vietata: è ribelle. Inoltre l’universo non ha limiti, puoi immaginare qualunque mondo, il tuo pensiero non ha freni. Come il vostro Rinascimento, che ha infranto molte restrizioni della gente legate alla religione del Medioevo. La Cina di oggi somiglia molto a quel periodo. Solo con una liberazione del pensiero la Cina può svilupparsi. E in questo la fantascienza può avere un ruolo decisivo».