Una delle primissime prese in giro di Giorgio Napolitano – da sinistra – apparve sui Quaderni del Sale di Pino Zac del dicembre 1977. E’ il «generatore automatico di frasi di Giorgio Napolitano», intitolato con una certa lungimiranza Fatelo da voi: il governo semi-storico prossimo venturo. Un gioco di parole a incastro che unisce in una sola frase quattro termini estraibili da altrettante colonne. Esempio: «Burocrazie di governo stangano la centralità operaia». Oppure: «Contraddizioni di mobilitazione stangano la rivolta operaia». E così via. La vecchia pagina illustrata è stata riscoperta qualche settimana fa, e rilanciata in Rete.

Un anno fa, invece, il Premio di satira di Forte dei Marmi aveva organizzato una mostra di vignette su Napolitano. La Napolitaneide scopriva ne Il Male del novembre 1978 la prima apparizione caricaturale del futuro bi-presidente. Titolo: Come si diventa calvi. A sinistra un Napolitano coi capelli, a destra uno senza. Nel testo sottostante un racconto dello stesso Napolitano che ricorda come Togliatti, per non spaventare gli elettori, avesse imposto ai compagni di «farsi barba e capelli».

Sulla pelata insistette Forattini qualche tempo dopo, mettendo a confronto un Berlinguer lungocrinito e un Napolitano calvo, sullo stile della pubblicità Ferrarelle «liscia, gassata o…». Ma a parte i capelli, in quegli anni era la sinistra-sinistra ad avercela con il migliorista Napolitano, sfottendone la vicinanza a Craxi. Su Tango, il settimanale satirico de l’Unità, comparve la storia nella quale il Bobo di Staino incontrava Gramsci in sogno e gli chiedeva come comportarsi col governo socialista: «Non fate errori di infantilismo, appoggiatelo», rispondeva Gramsci. «Avrai sognato Napolitano», si arrabbiava l’intransigente amico Molotov. «Ma aveva tutti i capelli!», rincarava Bobo.

Coi non-capelli, passano così più di vent’anni. Nel 2006 Dario Ballantini di Striscia la notizia porta il Napolitano presidente in tv, seduto alla scrivania nella postura classica del messaggio alla nazione. «L’avevo preparato 9 anni prima – spiegò solennemente il comico – ma Ricci ha aspettato che invecchiassi». Il testo è ultralight, la prosa ampollosa (tratto satirico comune allo sketch del messaggio), la comicità dozzinale, la somiglianza scarsa: «Cari italiane e italiani mi rivolgo a voi il 30 dicembre, e non il 31, per prudenza. Perché non so se con questa finanziaria arriverete a fine mese. Viva l’Italia e forza Napoli».

In confronto, il trattamento applicato da Fiorello nel suo show radiofonico è scoppiettante, in stile goliardico-arboriano. A cominciare dalla tarantella elettronica che risuona nel cicalino di attesa del centralino al Quirinale, e si risolve in una sequenza di luoghi comuni partenopei nelle esternazioni presidenziali. Roba del tipo: «Vendesi Vespa 50 truccata a 90 con bauletto e adesivo col Volto santo sul parabrezza». O un gustoso resoconto dell’assemblea di condominio convocata sull’opportunità di stendere le mutande nel cortile del Quirinale.

Fiorello imitava Napolitano all’inizio del primo settennato. Anni dopo, la postura del messaggio alla nazione è scelta da Sabina Guzzanti per costruire dei piccoli sketch nel suo programma Un due tre stella. La linea comica non è lontana da quella di Fiorello, più politica però. La polemica si è già incaricata di costruire la figura di «Re Giorgio» e additare le trame nascoste dietro l’ampollosità barocca e apparentemente vuota dell’eloquio presidenziale. «Voglio rivolgermi alle donne di questo paese – dice Guzzanti-Napolitano – per lanciare un caldo monito: donne è arrivato l’arrotino». Oppure «Voglio esprimere un caloroso monito affinché il proprietario della 126 targata eccetera venga immediatamente a rimuovere la macchina in seconda fila».

A Maurizio Crozza, del quale bisognerà analizzare meglio prima o poi il ruolo primario (involontario?) nel naufragio della Seconda Repubblica, si deve infine l’invenzione speculare di un Napolitano privato, sempre seduto alla scrivania del Quirinale, vagamente posseduto dal fantasma pigro di Eduardo, punzecchiato dalla solerzia di Corazziere uno e Corazziere due che lo costringono con fatica ai suoi doveri. Mai nessun vilipendio, comunque, se si esclude soltanto una (brutta) vignetta di Libero sui «papponi» che si mangiano una pizza a forma di Italia.

Andrà ricordato invece, proprio in queste ore, che il messaggio presidenziale alla nazione (anzi, all’Umanità) è stato uno degli ultimi pezzi di Beppe Grillo da comico puro. Andò in onda per tre capodanni di fila su Telepiù, dal 1998 al 2000. Per mezz’ora, seduto alla scrivania in giacca e cravatta presidenziali, Grillo metteva in fila lo stato miserando del pianeta passando per scienza ed ecologia. Si rideva poco già allora. Il messaggio del 2000 si concludeva apocalitticamente con la stanza sommersa dai liquami, il comico in procinto di affogare. Diceva: «Siamo un po’ come i dinosauri. I dinosauri si sono estinti ma non se l’erano cercata, loro».