La destra torna a Fiuggi, ma corre il rischio che nessuno se ne accorga. A vent’anni dallo storico congresso dell’Msi che sancì la nascita di Alleanza nazionale, la pattuglia più consistente degli ex postfascisti, riuniti sotto la sigla di Fratelli d’Italia, vi celebra questo fine settimana il suo primo congresso nazionale. Se non fosse che l’evento ha interrotto, come è prassi in occasione dei congressi, il voto sulla riforma elettorale, c’era il rischio che quasi non se ne parlasse.

Alla vigilia dell’apertura dei lavori a dominare la scena non sono infatti proposte e progetti annunciati dal triumvirato che guida il partito, composto da Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Guido Crosetto, bensì la scomunica ufficiale che alla kermesse arriva da quello che è stato il grande traghettatore della destra nazionale dalle nostalgie reducistiche alla sfera governativa. In un testo velenoso, pubblicato sul sito Liberadestra, Gianfranco Fini non usa mezze misure nel criticare l’iniziativa e i suoi animatori. «Mi sembrano bambini cresciuti, e viziati, che vogliono imitare i fratelli maggiori senza capire che le condizioni in cui si trovano sono completamente diverse (da quelle del 1994). – scrive l’ ex presidente della Camera – Rischiano di far piangere, di rabbia e non certo di commozione, chi venti anni fa era consapevole di quel che stava accadendo a destra. Serve loro qualcosa di assai più convincente che una scampagnata semiclandestina a Fiuggi. La storia di An, di cui anch’essi fanno parte, non merita di ripetersi in farsa». Certo, negli ambienti dell’ex Msi Fini non gode più di grande popolarità, ma le sue critiche sembrano cogliere nel segno. «Vi serve chiarezza sulle future alleanze. Ancora e ad ogni costo con Berlusconi, perché altrimenti non si entra in parlamento, oppure il congresso di Fratelli d’Italia indicherà un’altra prospettiva?», si chiede quello che è stato l’ultimo segretario missino.

Il punto è infatti tutto lì. Senza Berlusconi l’Msi sarebbe rimasto con ogni probabilità la ridotta della nostalgia mussoliniana ma, vent’anni dopo, nell’abbraccio con Berlusconi la destra nazionale stenta a trovare un suo profilo e una propria autonoma identità. Così Fratelli d’Italia, 9 deputati eletti lo scorso anno alla prima prova con il voto, poco meno di 700 mila consensi (l’1,95%), riunisce a Fiuggi i suoi 3000 delegati per decidere di una linea politica che è già tutta tracciata e che cerca di pescare un po’ nella protesta e nell’avversione agli immigrati, contendendo a fatica il terreno a grillini e leghisti e strizzando l’ occhio a Marine Le Pen, senza però mettere in discussione l’ alleanza di ferro con Forza Italia.

Recentemente i vertici del partito sono riusciti ad ottenere, dalla fondazione che lo controlla, l’uso del simbolo di An per le europee, hanno aggregato con il progetto di Officina per Italia l’ex sindaco della capitale Gianni Alemanno, ma non sono riusciti a recuperare il resto della diaspora missina riunita intorno a La Destra di Francesco Storace, ad Adriana Poli Bortone o a Luca Romagnoli. Questo mentre una potente corrente formata dagli ex postfascisti, e guidata a Roma da Andrea Augello e a Bruxelles da Roberta Angelilli, ha trovato casa nell’Ncd di Alfano. La foto di Fiuggi, vent’ anni dopo è perciò quella di una destra che, in un modo o nell’ altro, continua a non poter prescindere dal Cavaliere per definire se stessa.