Siamo nella città di Guarenas, municipio Plaza, nello stato di Miranda. Un bastione del chavismo, dove si è svolta una delle manifestazioni “contro le ingerenze imperialiste” che hanno interessato tutto il paese. Il consenso, però, qui appare incrinato.

Dalle finestre pendono magliette e bandiere chaviste, ma anche quelle gialle e nere del partito Primero Justicia e della Mud. Qualcuno batte sulle pentole: così si fa sentire la protesta di opposizione. Il corteo passa fra due ali di palazzoni. Sfilano tanti bambini, molti dei quali piccolissimi, tenuti in braccio dalle mamme. E all’improvviso una sassaiola arriva dall’alto, una pietra sfiora la testa del piccolo che ci sta davanti, un’altra manca la cronista. Davanti a un portone, alcuni individui insultano le ragazze, fanno gesti volgari, cercano di provocare.

I manifestanti rispondono col pugno chiuso, cantano “El pueblo unido, jamas sera vencido”.
Una ragazzina afrodiscendente suona la tromba, dirige un quartetto di marcantoni che avanza sotto il sole del pomeriggio. “Altroché dialogo – dice vicino a noi la giovanissima Gaudy – questi cercano lo scontro. A tirare pietre sono gli stessi che usufruiscono dei diritti acquisiti con la rivoluzione: che perderanno se torna il capitalismo. Dobbiamo riconquistare il terreno perso fra i settori popolari”.

Per questo, il chavismo sta moltiplicando le iniziative: distribuzione di alimenti casa per casa “con finalità politiche, non solo economiche” (i Clap), raccolta di progetti di autogestione produttiva ed ecologica, orti urbani, nuovo impulso alle Misiones e agli “organismi del potere popolare”: il “socialismo territoriale”.

Intanto, si lavora a livello di governo, sia in campo economico che diplomatico. Maduro insiste nel chiamare al dialogo l’opposizione. Nella Repubblica Dominicana, la ministra degli Esteri Delcy Rodriguez sta organizzando il secondo incontro. In questi giorni è a Caracas l’ex presidente spagnolo José Zapatero, che insieme ad altri ex capi di stato sta conducendo i negoziati sotto l’egida di Unasur. Zapatero ha incontrato in carcere il leader oltranzista di Voluntad Popular, che ha ribadito la propria intransigenza.

La magistratura ha però accolto alcuni argomenti della sua difesa nell’istruzione del processo d’appello per le violenze del 2014, che hanno provocato 43 vittime e 850 feriti. E qualche analista di opposizione suggerisce che sul piatto dei negoziati potrebbe esserci la liberazione di Lopez in cambio di un rinvio del referendum revocatorio contro Maduro. Se la consultazione si svolge l’anno prossimo e Maduro la perde, a portare a termine il mandato sarà comunque il vicepresidente Aristobulo Isturiz.

La settimana scorsa c’è stato un importante pronunciamento del Comitato permanente dell’Osa: a favore del dialogo e contro l’intenzione del Segretario generale Luis Almagro di applicare al Venezuela la Carta democratica interamericana, che prevede la sospensione dall’organismo e sanzioni. Un intervento chiesto dall’opposizione, in primo luogo dal presidente del Parlamento Ramos Allup. Sabato, si è schierato con Maduro il VII Vertice dell’Associacione degli Stati caraibici, un organismo che pesa nelle relazioni del continente. Da Cuba, sede del vertice, il presidente Raul Castro ha pronunciato un duro discorso contro l’Osa e ha espresso un sostegno deciso alla rivoluzione bolivariana.

Almagro, però, mantiene le sue intenzioni, e una riunione d’emergenza potrebbe svolgersi da qui al 20 giugno: alla presenza di Allup, che il chavismo vuole denunciare per tradimento. Nel chiedere l’intervento esterno contro il suo stesso paese, Ramos Allup si è però attirato molte critiche anche nel suo campo.

Dalla Spagna, al Canada, dal Brasile all’Italia, le sinistre e i movimenti scendono in campo a favore della sovranità del Venezuela. Oggi alle 18,30 (Piazza Vidoni, a Roma) si svolge una manifestazione contro il rischio che un intervento armato trasformi il Venezuela nella nuova Siria e l’America latina in un nuovo Medioriente destabilizzato. A promuoverla, diverse associazioni, movimenti e partiti italiani, latinoamericani, mediorientali e asiatici: Rete “Caracas ChiAma”, Usb, Rete dei Comunisti, Collettivo Militant, Rete No War Roma; Alianza País, Red de Amigos de la Revolución Ciudadana, Comitato Immigrati Italia; Jvp Sri Lanka, Redcan, Umangat.

Fra le adesioni: la Rivista LatinoAmerica di Gianni Minà, l’Associazione di Amicizia Italia-Cuba, il Pcdi, i Carc, il Csoa Terra Rossa di Lecce, Albainformazione, Anros Italia, Comitato Palestina nel cuore, Asia, Per non dimenticare Sabra e Chatila, La Villetta, Associazione Italia-Nicaragua… Non ci saranno bandiere di appartenenza, sventoleranno solo quelle dei popoli, per dire: “che la battaglia è comune, la difesa del Venezuela è anche la difesa dei nostri diritti”.