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Venezuela, sanzioni Usa contro il vicepresidente

Venezuela, sanzioni Usa contro il vicepresidenteCaracas, manifestazione contro le sanzioni Usa

Stati uniti Tareck El Aissami accusato di narcotraffico

Pubblicato più di 7 anni fa

Detto, fatto. L’appello bipartisan inviato a Trump da 34 deputati Usa, sia democratici che repubblicani, ha sortito il suo effetto: il dipartimento del Tesoro nordamericano ha emesso sanzioni contro il vicepresidente del Venezuela, Tareck El Aissami: per «narcotraffico». Sulla carta, si tratterebbe del «risultato di molti anni di inchiesta contro importanti trafficanti di droga verso gli Stati uniti», a riprova che «l’influenza e il potere non proteggono chi è coinvolto in attività illegali». Nella realtà, è il primo vero osso gettato alle destre venezuelane dalla nuova amministrazione nordamericana.

Nei giorni scorsi, una delegazione composta da vari deputati di opposizione, si era recata negli Usa: per sollecitare a Trump e ai suoi consiglieri per l’America latina appena nominati (ex Cia, anticastristi e antichavisti), di tener fede alle promesse espresse in campagna elettorale e inasprire le sanzioni al governo Maduro.

Obama le aveva già rinnovate per un anno, ribadendo così che il Venezuela resta «una minaccia inusuale e straordinaria per la sicurezza degli Stati uniti». Ieri è sbarcata a Washington anche la moglie di Leopoldo Lopez, a tre anni dalle violenze (le guarimbas) che hanno provocato 43 morti e oltre 850 feriti. Il marito, leader del partito Voluntad Popular, è in carcere come regista di quei fatti, ma per gli Usa resta la principale pedina nella litigiosa coalizione Mesa de la Unidad Democratica (Mud).

Il secondo osso è ovviamente di natura pecuniaria: i 34 hanno infatti chiesto l’aumento dei finanziamenti per «difendere i diritti umani in Venezuela», formula di rito per coprire gli interventi esterni nei paesi non subalterni: fiumi di denaro erogati ogni anno a ong, giornalisti, centri studi, partiti e lobby, dislocati nei posti chiave. Un grosso giro che muove anche la circolazione delle false notizie sui social. E che spiega come mai questi personaggi che gridano ai quattro venti: «Tenemos hambre» (abbiamo fame), denunciano «la crisi umanitaria» e chiedono che il loro paese faccia la fine della Libia possano spostarsi da un paese all’altro senza problemi con quel che costano i biglietti aerei.

Henrique Capriles, dirigente del partito Primero Justicia ed ex candidato presidenziale contro Chavez e Maduro, ha anticipato che presto arriveranno dagli Usa altre sanzioni contro i ministri più vicini a Maduro. El Aissami, giovane dirigente chavista di tendenza radicale, è di origine siriana. Per i 34 parlamentari Usa, sarebbe un finanziatore del gruppo libanese Hezbollah, da sanzionare anche come «terrorista». Le destre, intenzionate a cacciare con ogni mezzo dal governo l’insopportabile ex operaio del metro, Nicolas Maduro, vogliono far fuori anche il suo vice, che porterebbe a termine il mandato in caso di sconfitta a un eventuale referendum revocatorio.

Come ha scritto sul Diplò Ignacio Ramonet, Maduro – a lungo ministro degli Esteri di Chavez – ha messo a segno importanti successi sul piano internazionale: l’accordo per ridurre la produzione petrolifera e il conseguente aumento del prezzo del barile (il Venezuela custodisce le prime riserve di petrolio al mondo); i rinnovati accordi con la Cina (790 progetti produttivi); le presidenze di importanti organismi internazionali; il sostegno del papa nel dialogo proposto all’opposizione.

La risposta non si è fatta attendere, e ha preso identici toni anche in Europa. Il segretario generale dell’Osa, Luis Almagro, ha suggerito alcuni editoriali ad hoc, per dire che «sul Venezuela, il papa deve togliersi di mezzo» e lasciargli finire il lavoro: ovvero l’applicazione di sanzioni con la cosiddetta Carta democratica che aprirebbe la strada al modello libico. Lo stesso auspicato nel testo della risoluzione votata alla Camera dalle destre e dal Pd, analoga a quella del Senato.

El Aissami, che è stato ministro dell’Interno e governatore dello Stato Aragua, ha risposto in twitter: «Ricevo questa miserabile e infame aggressione come un riconoscimento alla mia attività di rivoluzionario antimperialista».
Ieri sera, è arrivata la reazione ufficiale del governo bolivariano contro la «menzogna grottesca» che attenta al Diritto internazionale. Gli Usa – dice Caracas – attuano per mano della Dea, «ampiamente nota per il suo dichiarato contributo alla produzione e al traffico di droga con i più grandi cartelli del narcotraffico colombiano nel mondo. Dopo la chiusura delle relazioni con la Dea, nel 2005, il Venezuela è riuscito a sequestrare una media annuale di 55,7 tonnellate di droga, aumentando la propria efficacia del 60%, ragion per cui l’Onu ci ha riconosciuto come uno dei sei paesi per quantità di droga sequestrata al mondo, e libero da coltivazioni illecite sul territorio nazionale. Il Venezuela è uno dei pochi paesi al mondo ad aver promulgato una legge per intercettare e neutralizzare i velivoli che effettuano il traffico internazionale di droghe, colpendone oltre un centinaio».

Il vicepresidente El Aissami, «è un eminente criminologo, noto per la sua costante lotta contro il narcotraffico e il paramilitarismo colombiano». Quand’era ministro dell’Interno, ha consegnato alla giustizia «oltre 102 capi della droga e consegnato agli Stati uniti 21 narcotrafficanti ricercati».

Caracas definisce le sanzioni «un fatto senza precedenti» nelle relazioni bilaterali. «È deplorevole e estremamente pericoloso – scrive – che la burocrazia statunitense, in un’unione criminale con attori violenti ed estremisti dell’opposizione venezuelana porti le relazioni della nuova amministrazione a perpetuare gli errori storici commessi dal Barack Hussein Obama contro il Venezuela». Conclude il comunicato: «Siamo un popolo di pace, amanti dei principi dell’autodeterminazione e del rispetto alla sovranità in base al Diritto internazionale. Con la stessa determinazione diciamo che non abbiamo tollerato e non tollereremo nessuna aggressione contro il nostro suolo, contro il nostro diritto a essere liberi e contro nessun fratello nato in questa terra di Bolivar e Chavez».

Intanto, la polizia del Paraguay ha comunicato il sequestro di 25 tonnellate di biglietti da 100 bolivar, trovati in una casa di Saltos del Guaira, alla frontiera con il Brasile. Il traffico di banconote e dollari e l’immissione di biglietti falsi è una delle forme di sabotaggio denunciate dal governo venezuelano. Di solito, prospera alla frontiera con la Colombia, ma è la prima volta che si apre un filone d’indagine anche in Paraguay. Per depistare i trafficanti, Maduro ha sostituito a sorpresa le banconote da 100 bolivar con altre di taglio maggiore, per poi concedere ancora una proroga.

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