La magistratura venezuelana ha convalidato il carcere per il sindaco della Gran Caracas, Antonio Ledezma, implicato nel fallito golpe contro il governo di Nicolas Maduro. Ledezma, leader di Alianza Bravo Pueblo, aspetterà il processo nella prigione di Ramo Verde, dove già si trova Leopoldo Lopez, un altro capo dell’opposizione oltranzista (Voluntad Popular), il cui processo è in corso. Se, come in altri casi analoghi, la legge evidenzia la “totale assenza” dall’incarico si dovrà procedere immediatamente a nuove elezioni per l’Alcaldia metropolitana, che ha una giurisdizione su cinque municipi della capitale. Dal 2010 è però entrata in vigore anche una nuova configurazione amministrativa, più ampia e con maggiori competenze, il Distrito Capital, il cui governatore è nominato direttamente dal presidente della Repubblica.

Intanto, le due compagini politiche presenti nel paese – il chavismo che governa e l’opposizione riunita nel cartello della Mesa de la Unidad Democratica (Mud) – hanno deciso la data delle primarie. Il Partito socialista unito del Venezuela (Psuv) proporrà i suoi candidati oggi e li voterà il 7 giugno. Le primarie della Mud si svolgeranno il 3 maggio. Non ancora decisa, invece, la data delle elezioni parlamentari, determinanti per il corso politico del paese: dovrebbero svolgersi a dicembre, ma potrebbero anche essere anticipate a luglio. Divisa e senza progetto, la Mud si fa periodicamente scavalcare dalle sue ali di estrema destra, ultraminoritarie ma molto aggressive e con ottimi appoggi fra i potentati economici internazionali. Ledezma fa parte della pattuglia che l’anno scorso ha promosso la campagna «la salida», la cacciata di Maduro dal governo ad ogni costo.

Il costo è stato di 43 morti e oltre 800 feriti, e di una lacerazione profonda nella società venezuelana. Una frattura che, a fronte degli appelli poco convincenti «al dialogo» lanciati dall’opposizione in doppiopetto, diventa voragine ogni volta che irrompono tentativi eversivi, foraggiati dall’esterno e accolti da qualche piccola frangia dei militari. Questa volta, a tentare un colpo di stato – che prevedeva il bombardamento di alcune importanti sedi istituzionali, l’uccisione del presidente e lo scoppio di una rivolta violenta – sarebbe stato un gruppo di ufficiali dell’aviazione, alcuni dei quali in pensione. I loro referenti, i medesimi della «salida»: Maria Corina Machado, Leopoldo Lopez e Ledezma. Il loro «manifesto per la transizione», vademecum per il ritorno al neoliberismo è stato pubblicato sul quotidiano privato El Nacional e avrebbe dovuto costituire l’avvio del golpe. Secondo i pentiti, a scatenare il caos sarebbe stata però anche l’uccisione di Lopez in carcere.

Un allarme che l’intelligence venezuelana ha già lanciato quando Lopez, ricercato per le violenze eversive, si è consegnato alla polizia l’anno scorso. Il presidente dell’assemblea, Diosdado Cabello, si era recato dalla famiglia di Lopez per metterla al corrente del piano e, per garantire l’incolumità del ricercato, Cabello lo aveva personalmente accompagnato in carcere. Una circostanza confermata dalla moglie di Lopez, Lilian Tintori, nonostante la sua convinta opposizione al governo e la sua continua richiesta di sanzioni internazionali contro il Venezuela.

Sanzioni che gli Stati uniti hanno già emesso e approvato e che stanno cercando di inasprire «per riportare sulla giusta via il governo venezuelano». Un’ingerenza insopportabile, per Maduro, che ha denunciato l’asse eversivo «Madrid, Bogotà, Miami» e ha fatto notare come il governo Usa abbia preso in prestito «le stesse espressioni usate da Ledezma per chiedere le sanzioni». Gli Usa (anche l’ex presidente Bill Clinton), hanno chiesto «la liberazione immediata» di Ledezma e di Lopez, seguiti dalle destre latinoamericane ed europee.

Si è invece smarcato il presidente colombiano Manuel Santos, esprimendo solidarietà al Venezuela e garantendo che perseguirà gli eventuali tentativi destabilizzanti. Da Cuba, si è fatta sentire anche la blogger Yoani Sanchez, a caccia di un nuovo territorio: «Quel che succede in Venezuela è ancora più grave di quel che abbiamo passato a Cuba», ha detto. Il governo cubano ha invece ribadito «l’immutato» appoggio al socialismo di Maduro, e anche i paesi del G77 più Cina hanno dato il loro sostegno.