Assenti ingiustificati. L’opposizione venezuelana diserta il dialogo e intanto cerca di far esplodere il paese: per interessi di bottega e giochi di potere nella composita coalizione Mesa de la Unidad Democratica (Mud). Al secondo appuntamento, organizzato nella Repubblica Dominicana dalla Unasur e portato avanti da un gruppetto di ex presidenti guidati dallo spagnolo José Zapatero si è presentata così solo la delegazione bolivariana che ha accompagnato la ministra degli Esteri venezuelana Delcy Rodriguez.

Per la litigiosa coalizione Mud è una questione di leadership: tra le varie fazioni e all’interno stesso dei partiti, dove alcuni cercano di imporsi forzando la mano. E’ il caso dell’ex candidato presidenziale Henrique Capriles Radonski, sempre mal digerito dal suo partito Primero Justicia, in cui premono per imporsi altre figure, come quella di Julio Borges.

Sostenuto dai grandi media europei, Capriles guida sparute marce dalle zone ricche di Caracas verso la sede del Consejo Nacional Electoral (Cne), cercando di provocare incidenti. Dopo le devastazioni prodotte nel centro di Caracas dalle violenze del 2014, le autorità comunali hanno proibito il passaggio di manifestazioni davanti alle sedi dei principali edifici pubblici. Martedi, diverse sedi regionali del Cne sono state evacuate per allerta alla bomba. Nello stato Tachira, sono ricominciate le violenze. Un poliziotto è stato arrestato dopo la morte di una ragazza colpita da un lacrimogeno. Alcuni camion di alimenti sono stati assaltati.

Il Cne sta concludendo il controllo delle firme necessarie ad avviare la procedura di referendum per revocare il presidente Maduro, prevista dalla Costituzione in base a precise tappe. Prima di passare alla seconda fase, è necessaria una verifica delle firme, alla presenza delle due componenti. E a questo si sta procedendo. Jesús Torrealba, Segretario esecutivo della Mud, ha affermato che il Cne ha convalidato 1,3 milioni di firme su circa 2 milioni consegnate. Quelle bocciate – ha denunciato il chavismo – riguardavano morti, detenuti e capi mafia come El Picure, ucciso recentemente in uno scontro a fuoco con la polizia.

L’opposizione agita il tema del referendum per attizzare le tensioni sociali e ribadisce il muro contro muro sull’uscita dal carcere degli accusati per le violenze del 2014 e dei banchieri fraudolenti come precondizione al dialogo. Zapatero ha incontrato in carcere il leader di Voluntad Popular, Leopoldo Lopez, il quale ha detto di aver ricevuto una proposta di scambio e di averla rifiutata: la sua uscita dal carcere contro il rinvio del referendum all’anno prossimo. Se si superano i tempi previsti dalla legge, infatti, anche se il presidente perde il revocatorio il suo vice può concludere la legislatura senza indire elezioni anticipate.
Unasur ha invitato nuovamente l’opposizione al dialogo e nel paese è arrivata ieri la delegazione dei paesi dell’Alba.

Maduro ha ricevuto diversi attestati di fiducia dagli organismi internazionali, e la proposta di dialogo appoggiata anche dal Vaticano mette in imbarazzo la parte moderata dell’opposizione che, in Parlamento, ha ricevuto il voto del chavismo su alcuni progetti di legge considerati di utilità collettiva. Durante la trasmissione del martedì, Maduro si è rivolto direttamente al presidente del Parlamento, Ramos Allup per chiedergli di assumersi le sue responsabilità e di evitare un bagno di sangue fratricida: “Io riconosco Henry Ramos Allup come capo dell’opposizione – ha detto – ed esigo, gli chiedo, lo invito ad avere una statura etica, a mettersi all’altezza politica necessaria. Lei, signor Ramos Allup, lì, e noi qui, con il popolo, con Bolivar, con Chavez, con la rivoluzione socialista. Lei è indubbiamente venezuelano. E anche noi siamo venezuelane e venezuelani e amiamo profondamente il nostro paese. Come può rifiutare il dialogo? Come può lasciarsi imporre la violenza?”

Il presidente ha affermato che solleciterà l’attivazione della Commissione per la verità, la giustizia e la riparazione delle vittime e per l’unità nazionale; un accordo per il rispetto dei Poteri pubblici (che sono 5, pensati per un perfetto equilibrio costituzionale) e la rinuncia alla violenza “in tutte le sue forme”. Al contempo, ha avvertito che il popolo non si lascerà facilmente scippare le conquiste realizzate in 17 anni di socialismo bolivariano. Per far fronte al sabotaggio economico, il governo ha messo in atto diverse misure d’emergenza: in primo luogo i Clap, i comitati popolari che distribuiscono alimenti casa per casa previo censimento. Un’iniziativa politica, non solo economica, e per questo rifiutata dall’opposizione.

Ieri, per la prima volta dall’inizio del chavismo, è stato creato il Ministero per lo Sviluppo Minerario Ecologico. Un settore che dovrà presiedere alla difficile decisione di sfruttare l’Arco minerario dell’Orinoco, sede di gigantesche risorse di oro, diamanti e coltan, e finora devastata dall’estrattivismo illegale e dalle bande armate. Maduro ha delegato il controllo e la gestione al “potere popolare”: alle istanze organizzate degli indigeni e ai comitati ambientalisti, che dovranno vigilare sull’azione delle multinazionali. Ieri, anche le organizzazioni dei contadini hanno manifestato il loro appoggio al governo con una grande marcia verso Miraflores.

Con un comunicato ufficiale, il governo ha respinto la relazione degli Usa sulla sicurezza, che accusa il Venezuela di essere paese del terrorismo e del narcotraffico.