Lo spettro della via «macrista» aleggia sul Venezuela, dove i movimenti uniscono la loro voce solidale a tutti quelli che, in America latina e non solo, hanno assunto la campagna per la liberazione della deputata indigena Milagro Sala, arrestata il 16 gennaio con l’accusa di aver provocato «un tumulto». A Buenos Aires, la Confederación de Trabajadores de la Economía Popular (Ctep) ha piantato le tende nella storica Plaza de Mayo insieme ad altre organizzazioni popolari che chiedono la liberazione di Milagro.

I manifestanti temono che la repressione si abbatta presto su di loro com’è già accaduto agli operai in sciopero. Finora sono circa 24.000 i lavoratori del settore pubblico licenziati da Macri. E ha fatto scalpore la chiusura del programma del giornalista uruguayano uruguayo, Víctor Hugo Morales, licenziato dopo trent’anni da un’emittente privata, all’interno di un più generale piano di attacco ai media alternativi indipendenti.

Per domani, è prevista una manifestazione di tutte le categorie contro le politiche economiche neoliberiste che hanno portato a un aumento del 300% delle tariffe elettriche. Per il blocco delle opere pubbliche sono rimasti senza lavoro anche 30.000 edili. Le piazze argentine si mobilitano anche contro il cambio di indirizzo nella politica estera. Al vertice di Davos, Macri ha deciso di riportare nel paese il Fondo monetario internazionale e di voltare le spalle alle alleanze sud-sud. Inoltre, continuano minacce e intimidazioni contro le associazioni che, come le Madres de Plaza de Mayo, hanno condotto una battaglia per il riscatto della memoria. Eppure, il presidente-imprenditore non perde occasione per attaccare il Venezuela di Nicolas Maduro sui «diritti umani» e di chiedere l’intervento degli organismi internazionali. Da una parte, chiede la liberazione del golpista venezuelano Leopoldo Lopez, condannato per le violenze del 2014, dall’altra tiene in carcere Milagro Sala con accuse pretestuose.
Intanto, in Venezuela, le destre maggioritarie in parlamento stanno cercando di spingere sul pedale di analoghe misure, chieste a gran voce dai loro padrini politici, dentro e fuori il paese.

Durante la campagna elettorale, avevano ripetuto che la loro priorità sarebbe stata l’economia. Invece, dopo aver rifiutato il pacchetto di «nove motori produttivi» per uscire dalla crisi, il presidente del Parlamento, Henry Ramos Allup ha dichiarato che «la legge di amnistia è una priorità nazionale» e ha promesso l’arrivo di varie proposte di legge. Allup – un navigato politico della IV Repubblica di Accion Democratica (Ad, il centrosinistra di allora) dai trascorsi golpisti – ha anche in programma un viaggio a Miami, dove si trovano molti transfughi venezuelani: banchieri fraudolenti o golpisti in fuga, che un provvedimento ad hoc vorrebbe far rientrare.

E intanto, l’Asssemblea nazionale ha approvato la creazione di una commissione speciale che vorrebbe riesaminare l’elezione dei magistrati del Tribunal Supremo de Justicia (Tsj), come ha fatto Macri in Argentina. Solo che in una repubblica presidenziale basata sull’equilibrio di cinque poteri e in cui il Tsj è arbitro fondamentale, lo scoglio da rimuovere è Nicolas Maduro, che le destre contano di far cadere insieme al governo entro sei mesi. Martedì scorso, le destre hanno annunciato che in Venezuela c’è «una grave crisi umanitaria per l’assenza di medicine e prodotti sanitari» e hanno messo questo punto in agenda in Parlamento.

Un passo verso la richiesta di intervento esterno – rilevano molti analisti, richiamando le dichiarazioni rese pochi mesi fa alla Cnn da John Kelly, capo militare del Comando Sud degli Usa: «Se c’è una crisi umanitaria importante, ovvero un collasso dell’economia, una necessità disperata di alimenti, acqua e cose simili, potremo pensare di intervenire, ma solo se lo chiedono l’Onu, l’Osa o la Fao», aveva detto Kelly. Per questo, le destre hanno presentato in Parlamento un testo in cui si chiede a Maduro di «garantire immediatamente l’accesso ai medicinali». Il presidente ha detto che denuncerà i parlamentari per aver rifiutato di discutere il decreto d’emergenza economico e il pacchetto di misure per uscire dalla crisi.

Il fatto è che le multinazionali come Roche, Glaxo, Bayer e altre sono quelle che più hanno succhiato dollari a tasso preferenziale dal governo, senza però consegnare ai distributori le medicine a prezzo regolato «perché non c’è guadagno». Il Venezuela è uno dei pochi paesi al mondo in cui le medicine sono pià economiche e in cui quelli molto costosi si consegnano gratuitamente.

Ma l’atteggiamento criminale dei poteri forti gioca con la vita delle persone per suscitare la rivolta contro il governo. E per far «gridare l’economia» come nello schema indicato dalla Cia ai tempi di Salvador Allende.