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Venezuela di frontiera: ponti chiusi agli aiuti Usa ma aperti a quelli Onu

Venezuela di frontiera: ponti chiusi agli aiuti Usa ma aperti a quelli Onu

Prove di golpe Governo e Nazioni unite discutono di acquisizione di alimenti e medicine. Maduro denuncia i «falsi positivi» colombiani

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 24 febbraio 2019

È una giornata come tante a Caracas. Tutto sembra scorrere normalmente: traffico sostenuto, negozi aperti, tanta gente in strada, le diverse attività quotidiane che procedono secondo i soliti ritmi. Malgrado la gravissima crisi economica, enormemente inasprita dalle sanzioni, malgrado l’iperinflazione che divora i salari e le gravi difficoltà di accesso ai beni di prima necessità, qui della vera e propria «catastrofe umanitaria» descritta dalla grande stampa non sembrano, almeno apparentemente, esserci tracce.

ANCHE LA FRONTIERA, con tutte le sue minacce, sembra lontana. Eppure nello stesso tempo è onnipresente, nell’attesa da parte di un intero paese di ciò che avverrà nelle prossime ore. I due concerti, il Venezuela Aid Live organizzato dal miliardario britannico Richard Branson e il concerto per la pace promosso dal governo, si sono svolti senza incidenti.

La sfida l’ha vinta il miliardario – favorito dai nomi di maggior richiamo e dal risalto assicuratogli dalla stampa – ma delle 500mila persone che aveva sperato di richiamare ce n’erano forse poco più di 100mila: una folla di vip sotto il palco e tutti gli altri a 200 metri di distanza.

E a fare da star proprio lui, l’autoproclamatosi presidente ad interim Juan Guaidó, arrivato in Colombia malgrado il divieto di lasciare il paese (grazie all’aiuto, ha detto, di militari venezuelani), e accompagnato dal colombiano Iván Duque, dal cileno Sebastián Piñera e del paraguayano Mario Abdo Benítez, tutti indiscussi campioni di democrazia votati al bene dei rispettivi popoli.

La vicepresidente venezuelana Delcy Rodríguez ha annunciato venerdì la chiusura provvisoria e totale dei ponti Simón Bolívar, Santander e Unión alla frontiera con la Colombia, a causa «delle serie e illegali minacce» da parte del governo Duque «alla pace e alla sovranità del Venezuela». E la situazione resta tesissima: proprio ieri mattina militari della Guardia nacional bolivariana, che il governo Maduro ha definito come infiltrati colombiani, hanno sfondato il cordone di sicurezza venezuelano sul ponte Bolívar, ferendo una agente e una fotografa cilena, per poi fuggire in Colombia, dove a riceverli c’erano due dirigenti dell’estrema destra venezuelana: l’ex deputato José Manuel Olivares e il dirigente dell’Universidad de Los Andes Villca Fernández.

CHE FOSSERO INFILTRATI o solo disertori, quello che teme in particolare il governo, soprattutto a fronte di ricostruzioni mediatiche di parte, è che possano registrarsi quelli che qui vengono chiamati «falsi positivi», su cui la Colombia vanta del resto una lunga tradizione (in particolare riguardo all’assassinio, da parte dell’esercito, di civili innocenti fatti passare per guerriglieri delle Farc uccisi in combattimento, in maniera da esaltare l’efficienza repressiva delle forze armate).

In questo caso si tratterebbe invece di incidenti creati ad arte alla frontiera per poi addossarne la responsabilità alla «dittatura brutale» di Maduro, che verrebbe così accusato di reprimere il suo popolo per impedire la distribuzione degli aiuti.

PROPRIO DI UN «FALSO positivo» – un casus belli – ha parlato il ministro degli Esteri Jorge Arreaza, in conferenza stampa alle Nazioni unite, in relazione al presunto scontro tra membri della Guardia nacional bolivariana e la comunità indigena pemon a Kumarakapay, alla frontiera con il Brasile, dove – secondo dirigenti locali e deputati dell’opposizione– i militari avrebbero aperto il fuoco contro un posto di blocco montato dagli indigeni, uccidendo una donna, raggiunta da una pallottola vagante, e ferendo almeno 12 persone.

Tuttavia, ha spiegato il ministro degli Esteri, i proiettili sparati non sono quelli in dotazione della Gnb, senza contare che uno dei feriti risulta colpito da una freccia.

Rispondendo alle domande dei giornalisti all’Onu, Arreaza ha anche espresso soddisfazione per la riunione sostenuta con delegazioni di 60 paesi nell’ambito del gruppo creato per la difesa dei principi fondamentali del diritto internazionale riflessi nella Carta delle Nazioni unite. E ha informato di essersi incontrato per la terza volta con il segretario generale Guterres per rafforzare gli accordi di cooperazione tra il Venezuela e le diverse agenzie delle Nazioni unite per «facilitare l’acquisizione di alimenti, medicine e attrezzature».

E PROPRIO RIGUARDO agli aiuti, il governo ha voluto chiarire la natura delle forniture di beni essenziali arrivati dalla Russia, che, come ha spiegato il vice ministro degli Esteri venezuelano Yvan Gil Pinto, vanno ricondotte ai normali accordi commerciali tra i due paesi.
«Non c’è una situazione umanitaria tale da richiedere la consegna di aiuti umanitari», ha dichiarato, sottolineando come, nell’impossibilità di cooperare con Stati uniti ed Europa, il governo «ha iniziato a comprare da Russia e Cina».

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