In Venezuela, 15 anni di governo chavista hanno abituato i cittadini a un rapporto non rituale con i simboli e le ricorrenze storiche. Ogni data, è un’occasione per scendere in piazza: a sinistra, se si è scelto di stare con le camicie rosse, a cui il popolo venezuelano continua a dare la maggioranza. A destra, si è preferito accomodarsi nell’ampia coalizione di opposizione – la Mesa de la unidad democratica (Mud) -, che va dal centro-sinistra della IV repubblica, all’estrema destra, a ex marxisti-leninisti frastornati.

Ieri, il paese ha festeggiato i 203 anni dalla firma dell’indipendenza. L’opposizione ha cercato di portare in piazza i suoi con un’iniziativa in diverse parti del paese, denominata «Lava la bandiera». Una manifestazione contro «la corruzione e la repressione», che però ha avuto scarso seguito. La devastante onda azionata dalle proteste violente contro il governo, scoppiate il 12 febbraio, si è andata esaurendo. La Mud è divisa tra oltranzisti, mediatori e avvoltoi che aspettano il cadavere dell’economia socialista, dopo averne stremato tutte le leve. I neoliberisti come il presidente di Fedecamaras (la Confindustria), Jorge Roig, hanno accettato il dialogo con il governo sperando di pesare sulle scelte economiche di Maduro.

Ieri, Roig ha detto che gli imprenditori hanno terminato un documento di «raccomandazioni per migliorare l’economia del paese: le imprese pubbliche – ha affermato – non funzionano perché sono state espropriate e mal gestite e le imprese private non riescono a produrre». Intanto, il governo continua a sequestrare tonnellate di alimenti destinati ad essere venduti a caro prezzo al mercato nero. Intanto, gli oltranzisti continuano a chiedere «la salida», la cacciata di Maduro dal governo. «Più peggiora la situazione, più possiamo sperare in un cambiamento», ha detto la ex deputata filo-Usa, Maria Corina Machado.

La fondatrice della Ong Sumate (una delle più accudite dal Pentagono) è al centro di un’inchiesta per tentato golpe e per tentato omicidio del presidente. Con lei, vi sono diverse figure di opposizione (imprenditori, faccendieri, un ex governatore) e anche un ambasciatore Usa. In questi giorni, il presidente del Parlamento, Diosdado Cabello, ha anticipato l’esistenza di altri tre mandati di cattura.

La Mud ha difeso i suoi, gridando alla montatura. Nella coalizione, in molti (come l’ex candidato alla presidenza, Henrique Capriles) pensano però soprattutto a coltivare il proprio orticello, con un occhio alle elezioni legislative del dicembre 2015. «Dobbiamo rilanciare i comitati locali e lavorare in armonia con i consigli comunali», ha detto ieri Antonio Ecarri, vicepresidente di Accion Democratica (Ad, il centrosinistra dalla IV Repubblica). Al contempo, Ad ha precisato di essere a fianco di Voluntad popular, il partito della destra che ha convocato la manifestazione di ieri e il cui leader, Leopoldo Lopez, si trova in carcere come mandante delle violenze di piazza.

Ecarri ha anche tuonato contro l’arrivo in Venezuela dell’economista cubano Orlando Borrego – figura storica e amico del Che Guevara – come consulente del governo bolivariano. Maduro ne ha dato l’annuncio martedì durante il suo programma radio-televisivo settimanale. Una risposta al furibondo dibattito scoppiato dopo il documento di Jorge Giordani, ex ministro della Pianificazione, maestro di Hugo Chavez.

Giordani ha accusato il governo di portare a destra il socialismo venezuelano e ha puntato il dito contro certi «consulenti francesi», pare legati a un azionista di Le Monde. Maduro, prima ha redarguito «i piccoli borghesi che cercano di confondere il popolo», poi ha teso la mano, citando Mao e le «contraddizioni in seno al popolo».