Gli esperti Internazionali parlavano, già nel 1997: con la gestione del Mose si sarebbe acceso un «severo conflitto» tra la salvaguardia di Venezia, il porto, la salvaguardia della Laguna.

Gli eventi di questi giorni dimostrano quanto i tre obiettivi siano divergenti. La Laguna è stata chiusa per circa 48 ore, e per le settimane a venire le chiusure del Mose saranno ripetute «per mettere all’asciutto i piedi dei veneziani». E la Laguna e il Porto?

La Laguna! Le «maciaree» (esche di gò per la pesca ai branzini) sono già morte nel vivaio al primo ricambio di acqua torbida «mestiza» della Laguna, povera di ossigeno per la prolungata separazione dal mare, è necessario tenerle le in vita nei secchi con l’insufflazione di aria.

Già la Laguna! È anche una cosa viva, un ecosistema unico la mondo che ospita da secoli una società umana: i veneziani, i muranesi, i buranelli, i pellestrinotti, i ciosotti con tutte le loro attività, se lo si separa dal mare, muore.

Per le chiusure del Canale di Malamocco il porto è inattivo: navi aspettano di entrare, altre di uscire. La conca di navigazione, di dubbia utilità e comunque mai utilizzata, è rotta da anni. La manovra di abbassare alcune paratoie per creare un varco alla navigazione ha generato correnti forti e localizzate, calcolate dall’indiscusso esperto Prof. Luigi D’Alpaos, di 4,5m/sec, con il rischio di ammalorare le stesse fondazioni del Mose.

Dopo la grande illusione di una Venezia salvata dalle acque, tutto il mondo ha visto di nuovo una Venezia sommersa.

Con le maree complesse e di difficile, impossibile previsione, i veneziani sono tornati agli stivali!

I bottegai sono «imbufaliti» urlano in una Venezia spettrale, vuota di anime. B&B allagati, alberghi e ristoranti chiusi.

Sono la Basilica e Piazza San Marco il fallimento del Mose, dimostrano che ben altro, di strutturale, era necessario fare per la salvaguardia della Città. La quota di chiusura a + 130 cm di marea era stata stabilita in base a un principio di equilibri se si fossero eseguite le opere di mitigazione delle quote inferiori. Su questo insisteva il Sindaco Cacciari.

Non avendo fatto nulla per conservare ai veneziani l’illusione della salvezza, ora il Sindaco Brugnaro, la Provveditrice Zincone, la super Commissaria Spitz, sono decisi ad abbassare la quota di chiusura del Mose a +110 cm che significa tagliare il ricambio mare-laguna per diversi cicli di marea e chiudere il porto.
E perché il Comitato dei Ministri per Venezia si appresta a portare le grandi navi da crociera dentro la Laguna a Porto Marghera? Tacciono i Ministri dell’Ambiente e della Ricerca?

Andavano realizzati interventi diffusi sul territorio con il Progetto Insulae degli Ingegneri Veneziani, per il recupero delle altimetrie e sistemi di intercettazione della marea attorno alle singole insulae. Nel 1998 la Commissione Via consigliava di rivedere il progetto di salvaguardia con un diverso piano strategico, con interventi urbani e sul territorio di area vasta per il recupero altimetrico con sperimentazioni innovative di sollevamento profondo del sottosuolo, per compensare l’innalzamento del mare, un forte risanamento delle acque scolanti in Laguna, la creazione di una zona tampone a bassa produttività attorno alla Laguna, andava tenuto «il mare lontano da Venezia» con una diversa regolazione delle maree diminuendo le profondità dei canali delle Bocche, andava estromesso il Porto con un grande progetto di sistema.

È il Mose davvero lo strumento per salvare Venezia e la sua Laguna?

Giocoforza la classe politica locale e nazionale deve tornare con i piedi per terra!
Venezia non è «una Infrastruttura» è qualcosa di magicamente e sorprendentemente complesso che nessuna infrastruttura, con buona pace dei ministri alle Infrastrutture e Trasporti, da cui la Salvaguardia della Laguna dipende (sic), potrà mai salvare.

L’Unesco, nel suo ultimo rapporto rileva che lo Stato italiano rischia l’iscrizione di Venezia nella Black List.

* redattrice del Parere Via negativo sul Mose (1998)