Venezia 2 marzo 2018. Che l’Isola di San Servolo abbia un fascino particolare è innegabile, soprattutto quando è avvolta nella foschia che la rende un luogo ancora più remoto, sospeso nei suoi silenzi densi di storie vissute. L’isola-convento, separata dal brusìo di San Marco da dieci minuti di vaporetto, dal XVIII secolo è stata sede di ricovero ospedaliero militare e poi manicomio fino al 1978. Di questo passato reca il marchio nella Fondazione Franca e Franco Basaglia e nel Museo della Follia, con gli annessi archivi su cui ha lavorato anche l’artista norvegese Anne-Karin Furunes, autrice dell’installazione permanente Insane Asylum. Portraits as Mirroring of the Past (2017) allestita nel giardino, in cui viene restituita identità e dignità alle donne recluse nell’ex ospedale psichiatrico, attraverso i loro ritratti su lastre di alluminio perforato. Ma c’è anche un presente decisamente dinamico che convive con il passato, attraverso la presenza del Collegio Internazionale Ca’ Foscari, della Venice International University – VIU e, soprattutto, di un fitto e accurato programma culturale che è una vera e propria mission per la San Servolo srl, interamente di proprietà della Città metropolitana di Venezia che gestisce anche Villa Widmann Rezzonico Foscari a Mira e il Museo di Torcello. In attesa del nuovo restyling di alcuni ambienti con un progetto appositamente concepito per il rilancio del design, voluto dal nuovo amministratore unico Andrea Berro (l’inaugurazione sarà a maggio, in occasione dell’opening della 16. Mostra Internazionale di Architettura), l’isola è stata teatro della I edizione di Venezia PHOTO, una manifestazione internazionale dedicata alla fotografiaC Per due settimane, dal 19 febbraio al 5 marzo, sono stati organizzati incontri con grandi maestri della fotografia come Peter Knapp, Oliviero Toscani, Olivier Föllmi e Maral Deghati, photoeditor della World Press Photo Foundation; unico assente per motivi di salute è stato il fotografo naturalista francese Yann Arthus Bertrand. Quanto alle 24 masterclass, le proposte sono state molteplici – dalla ricerca dell’identità in rapporto alla creatività allo sguardo di Canaletto; dal nudo come esercizio estetico all’arte della messa in scena; dalla temporalità della fotografia di paesaggio all’architettura dell’abbandono e della rovina; dall’ossessione per la giovinezza e la perfezione alla ricerca di una più poetica corrispondenza con la propria interiorità – naturalmente in sintonia con il linguaggio espressivo di ciascun autore che ha condotto i laboratori, tra loro Settimio Benedusi, Peter Lindbergh, Éric Bouvet, Léo Caillard, Diana Lui, Vee Speers e i già citati Toscani e Knapp e Föllmi. Insomma, un programma intenso rivolto ad un pubblico di professionisti e amatori che è stato documentato nelle sue fasi dagli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Venezia (che proprio a San Servolo hanno la sezione Fotografia e Video) e ha avuto anche la sorpresa di vivere la magia di una Venezia sotto la neve, cosa che difficilmente si verificherà nelle prossime edizioni. L’accordo siglato dalle varie organizzazioni, infatti, prevede una programmazione di cinque anni con lo spostamento del calendario al periodo primaverile, forse meno suggestivo ma certamente più accogliente.