Anche a New York, i Fridays For Future si sono mobilitati per la salvaguardia di Venezia, e si sono dati appuntamento per il loro sit in del venerdì a Park Avenue, davanti al consolato italiano. «Venezia è sommersa – hanno scritto in un tweet – e sta pagando l’inazione del Governo e della Regione del Veneto di fronte ai cambiamenti climatici».

il sit in a New York, foto Stella Levantesi

Un destino comune, quello della Città dei Dogi e della Grande Mela. Entrambe le città sono considerate tra le più a rischio per l’innalzamento del livello dei mari. Ma è anche l’ennesima dimostrazione di come Venezia sia sempre al centro dell’attenzione mondiale. «La nostra città ha una innegabile dimensione globale – ha spiegato marco Baravalle del comitato No Grandi Navi -. Non è solo un simbolo, ma anche un chiaro paradigma di un pianeta condotto alla deriva da un sistema produttivo predatorio e mercificatore. Ma proprio per le sue peculiarità, Venezia ha tutte le carte in regola per riscattarsi e dimostrare che acqua, terra ed esseri umani possono coesistere in un unico ambiente come era ai tempi della Serenissima, prima che il capitalismo anteponesse gli interessi industriale a quelli della salvaguardia della città e si cominciasse ad interrare le barene per far spazio alla zona industriale».

Ristabilire questo perduto equilibrio morfologico, piuttosto che continuare in una politica di grandi opere devastanti che non sono la soluzione ma la causa del problema, è quanto chiedono Fridays For Future e il comitato No Navi che questo pomeriggio alle ore 17, in una assemblea cittadina in sala San Leonardo, chiameranno alla mobilitazione per domenica pomeriggio.

Mobilitazione che si svolgerà proprio dopo un’altra grande marea. Domenica mattina, alle 8,45, sono previsti infatti 140 centimetri di acqua alta. Il che comporterà l’allagamento di perlomeno il 60 per cento delle calli e dei campielli. Certo, siamo lontani dal picco di 187 centimetri registrato martedì, ma rimane comunque una “alta eccezionale” col rischio che lo scirocco ci faccia un’altra volta lo scherzo di spingere un altro fronte d’acqua dentro la laguna. In ogni caso, siamo al quarto «codice rosso» nei soli ultimi 10 giorni.

«I miei concittadini sono attoniti e muti – spiega Andreina Zitelli -. Attoniti perché non avevano mai assistito ad una tale frequenza di acque alte. Muti perché hanno capito che la politica non li salverà. Governo, Regione e Comune continuano a parlare del Mose e della necessità di realizzarlo al più presto. Ma nessuno sa, se e quando sarà pronto. I test sono ancora tutti da fare e hanno già detto che in situazioni critiche come quelle di martedì, nessuno potrebbe prevedere l’effetto delle onde sulle paratoie, col rischio di cedimento e di far spazzare la città da uno tsunami. Tutta l’operazione è in mano a enti che perseguono interessi privati come il Porto. Nessuno affronta il problema vero: cosa fare per difendere sin da ora e con un progetto che guardi al futuro climatico che ci attende, la laguna dalle alte maree. L’unica soluzione è quella di alzare i fondali e riportarli come erano una volta per rimediare agli errori passati. Bisogna fare entrare meno acqua e meno velocemente».

Sospendere i finanziamenti milionari al Mose per dirottarli verso opere atte a ripristinare la morfologia lagunare e salvaguardare il costruito, è quanto chiederanno i manifestanti che domenica daranno vita ad un corteo con partenza da campo Santa Margherita alle 14. La manifestazione si farà anche in caso di acqua alta, assicurano. Perché, come cantano i No Tav per la Val di Susa, “La laguna paura non ne ha”.