La Venere capitolina in formato «scarpiera di Ikea», come l’ha definita Crozza, è stato un impacchettamento voluto da Hassan Rohani stesso. O meglio, da un indefinito «capo della delegazione iraniana» che avrebbe consigliato la copertura dei nudi più hard che si aggiravano pericolosamente nel perimetro del Campidoglio proprio mentre il presidente era in visita. L’Italia, allora, si sarebbe semplicemente adeguata al «suggerimento» diplomatico: è questo ciò che avrebbe rivelato il soprintendente capitolino Claudio Parisi Presicce nella relazione inviata al commissario prefettizio Francesco Paolo Tronca, pubblicata ieri da La Repubblica.

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La copertura delle statue al passaggio di Rohani

In realtà, se anche questa deposizione corrispondesse al vero, non aggiungerebbe nulla di nuovo sul grottesco caso. Al posto della soluzione del «pasticciaccio», offre infatti ulteriori spunti per una commedia degli equivoci: gli attori sulla scena restano gli stessi, con l’unica differenza che si scambiano i ruoli e continuano, a distanza o in presunte stanze segrete, lo scaricabarile. La «carta svelata» non fa che rincarare la dose della figuraccia mondiale e, se proprio deve avere una funzione utile, regala un salvacondotto al premier Renzi che – sapeva o non sapeva – ha dovuto agire di conseguenza, causa di forza maggiore. E così tutti quelli chiamati in prima linea nel cerimoniale. La responsabilità non è italiana, ma tutta esterna. Degli ospiti iraniani. Pecunia non olet e gli affari non si discutono di fronte a un nude look non richiesto, neanche se antichissimo, fosse pure quello di un’Afrodite (che, poi, pudicamente, o maliziosamente, si copre allo sguardo).

La giustificazione somiglia moltissimo a quelle che sfoderano i bambini durante una lite, incolpandosi l’un l’altro, sfinendo i genitori che, stremati dal rimpallo, puniscono i due contendenti infischiandosene di chi abbia cominciato per primo. Qui, però, non ci sono genitori. Ma uno Stato laico sì: per l’Italia, stando alla Costituzione, nessun principio religioso può vincolare scelte politiche. Messa così, la relazione del soprintendente Presicce non scagiona nessuno. Se mai fosse arrivato sul serio quell’invito alla pruderie, si poteva declinare facendo appello al proprio dna culturale e rinunciando alla ridicola copertura di preziosi pezzi del patrimonio. In uno scenario fantascientifico per questo paese, ci si poteva fare anche una bella risata liberatoria, magari insieme al suddetto «capo della delegazione iraniana» e poi applicare un protocollo meno rigido. Un po’ quel che ha fatto l’Eliseo col vino rosso: la cena con Rohani è stata annullata perché Parigi non voleva riporre le bottiglie. Non si devia dalle «tradizioni laiche» una volta conquistate. Ma, con ogni evidenza, il punto non era questo.