Uno sciopero generale a Roma come quello che proclamano per venerdì prossimo Cgil, Cisl e Uil non si vede da tantissimo tempo. Per alcuni sarebbe un evento del tutto inedito: c’è il precedente dello sciopero sotto l’amministrazione guidata da Ignazio Marino, ma in quel caso l’appello alla mobilitazione riguardava i soli dipendenti pubblici. Questa volta i sindacati confederali chiamano a raccolta tutti i lavoratori della capitale. Contestano assenza di dialogo e il mancato rispetto degli accordi firmati. Lo dicono senza tanti giri di parole: «Sarà uno sciopero politico», lo è diventato soprattutto dopo le cariche al presidio dei dipendenti di Roma Metropolitane dell’1 ottobre scorso. «Non si avvertiva un clima di simile ostilità verso i lavoratori da tanto tempo», assicura Natale di Cola, segretario della Cgil di Roma e Lazio. Proprio mentre l’azienda che ha lavorato da stazione appaltante per la costruzione della nuova linea della metropolitana è in dismissione, ad esempio, non si capisce bene in che modo l’opera dovrebbe proseguire. «Virginia Raggi ci aveva assicurato che le aziende sarebbero rimaste pubbliche e che Roma Capitale non le avrebbe mai messe in liquidazione – prosegue Di Cola – Poi però abbiamo capito che qualcuno non diceva la verità: Ama ha cambiato consiglio di amministrazione per l’ennesima volta ed è stata decisa la liquidazione di Roma metropolitane. Evidentemente il Dipartimento del comune che si occupa di partecipate ha deciso di privatizzare le municipalizzate capitoline facendole morire».

Il nodo delle partecipate è centrale. La quarantina di società controllate dal comune ha accumulato negli anni, da prima di questa consiliatura, un debito totale di oltre 800 milioni di euro. Il viavai di assessori nella giunta Raggi spesso è stato causato dalle differenze di vedute sul destino di questo settore. Dopo Marcello Minenna, che aveva chiesto di controllare il bilancio assieme al comparto delle partecipate, era arrivato a dirimere la questione l’imprenditore veneto Massimo Colomban, che aveva promesso di sfoltire il numero delle aziende e di ridurle di circa i due terzi. Ma Colomban è andato via dopo meno di un anno, e nel frattempo in Acea, Spa gioiello del comune che si occupa di acqua ed energia con ramificazione globali, era stato catapultato l’avvocato Luca Lanzalone. É finita male anche questa storia: Lanzalone è stato arrestato per la vicenda dello stadio della Roma e che i grandi bubboni delle partecipate romane, Atac e Ama che si occupano rispettivamente di trasporto pubblico e spazzatura, viaggiano sui bordi del tracollo finanziario. Ama ha seppellito tra polemiche e dimissioni sei Cda e ha un bilancio ancora da approvare. «Nell’amministrazione capitolina 5 mila persone sono andate in pensione e sono state sostituite – attacca ancora Di Cola – Nelle partecipate invece sono andati in pensione in 4 mila, ma non c’è stata neanche una assunzione. Non c’è alcun progetto di rilancio: non abbiamo neanche potuto dire di no perché non ci è stato proposto nulla. Non c’è un progetto sul ciclo dei rifiuti, sulla mobilità e sull’amministrazione».

Ieri in assemblea capitolina si discuteva proprio della delibera che dà il via alla liquidazione di Roma Metropolitane, tra le proteste delle opposizioni e la vistosa assenza, molto criticata, della sindaca. I consiglieri comunali del centrosinistra in appoggio allo sciopero generale romano, hanno occupato l’aula del Campidoglio. Dalle 10 di venerdì i sindacati manifesteranno in Campidoglio. Ama ha chiesto ai romani di non gettare immondizia nei cassonetti nella giornata di sciopero.