«Mi sono iscritto alla Fgci nel 1972. Quelli che hanno la mia storia politica hanno incassato sconfitte brucianti. Ho vissuto lo scioglimento del Pci, poi ho contrastato la deriva minoritaria del Prc. Ora quest’ultima sconfitta è l’esodo di un frammento di rappresentanza istituzionale, non una scissione. C’è chi è uscito criticando Sel scegliendo il Pd di De Luca e il Pd calabrese. E chi pensa che essere sinistra di governo significhi ruzzolare direttamente nell’area del governo. È un errore, anche nell’interesse della democrazia italiana. Renzi cannibalizza interi bacini elettorali. Una parte dell’intelligenza di questo paese indica i rischi delle riforme che aumentano i poteri dell’esecutivo. C’è allora bisogno di un presidio molto forte a sinistra di Renzi e del Pd. Serve persino al Pd».

«Sequestratori di linea», «sabotatori», «conformisti». Migliore, lasciando Sel, ha detto che queste parole hanno pesato nella scelta. Vendola, li avete spinti o avevano già deciso?

La malizia retorica sta nel sostituire un ragionamento con un capo d’imputazione. Ho detto che c’è un forte rischio di conformismo culturale nei confronti della parabola del renzismo. E non va bene, c’è già molta folla plaudente attorno al giovane sovrano. C’è bisogno di pensieri critici, visto che la crisi del paese ristagna.

Non sente di avere una responsabilità nell’accelerazione della crisi di Sel?

Forse si è coltivato un equivoco sin dall’inizio della legislatura. Noi ci siamo allontanati dal minoritarismo, siamo nati per costruire una sinistra di governo che non uccidesse la parola sinistra nel governo. Il governo non è una meta sublime ma lo strumento per agire il cambiamento.

Alcuni deputati, ancora dentro Sel, dicono che c’è un deficit di confronto nel gruppo dirigente.

La buona fede della maggior parte dei deputati di Sel che hanno dato più valore al profumo di redistribuzione che c’è negli 80 euro.

È un errore in buona fede?

No, ma non nascondiamoci dietro un dito. È da aprile che si annunciava il voto sul decreto come quello che iniziava a ribaltare la linea per consentire a Sel di scivolare nell’area del governo. Con Migliore le tensioni c’erano sin dal voto del secondo governo Letta. È persino imbarazzante ricordare che il Pci è stato per 50 anni sinistra di governo dall’opposizione.

All’epoca Alfredo Reichlin le diceva che Togliatti aveva votato il governo Badoglio.

La ripetizione di questo schema negli ultimi vent’anni però è diventata uno dei siparietti più patetici della politica. La crisi è figlia della cultura dell’emergenza, in nome della quale bisogna tutti insieme perseguire le politiche dell’austerità. È un punto che divide anche il socialismo europeo: come si può salvare l’Europa e rilanciare la sinistra continuando a praticare una politica di destra.

Anche quella di Renzi lo è?

Non m’interessa mettere etichette. La risposta concreta l’abbiamo avuta con scelte di ulteriore precarizzazione del mercato del lavoro. Vedremo le riforme. Ma modernizzazione del paese non può significare meno democrazia. O modernizzazione significa venirmi a sfasciare l’Adriatico con le trivelle per cercare il greggio, senza che io abbia più facoltà di parola?

Migliore da una parte e Spinelli dall’altra l’accusano entrambi di aver tenuto una linea politica ambigua. Le sue ‘terre di mezzo’ sono ambigue?

Giudicano ambigua la peculiarità del nostro progetto politico, e cioè che si possa riformare il riformismo. Ma quel riformismo che ha celebrato il nucleare e l’industrialismo, quanti errori ha fatto? Cosa hanno generato le guerre «umanitarie», in Iraq per esempio? Non c’è il dogmatismo solo dei radicali, c’è anche quello dei riformisti. Non abbiamo esaurito la nostra missione. C’è bisogno di una sinistra che allarghi l’interlocuzione dei movimenti. Migliore e Spinelli dicono la stessa cosa. Spinelli ha scoperto la nostra linea dopo il voto europeo, ma Gennaro questa linea ha contribuito a costruirla. Le altre cose le lasciamo agli psicanalisti.

Con chi ce l’ha?

Con chi ha pensato di fare una scelta così in questo modo. Non è una scissione, è un tweet. Per giustificarla devi parlare di una comunità chiusa che non c’è. Siamo una comunità che ha messo insieme tante persone e percorsi. E io ho fatto da garante per tutti, persino per le storie collettive e per gli individui perché nessuna logica di maggioranza soppiantasse la ricchezza delle culture di provenienza. È un anno che cova questa roba qua. Lo sapevamo dell’autonomizzazione di un gruppo, ma io non ho mai proposto modelli disciplinari. Quando Migliore a fronte di un gruppo parlamentare spaccato come una mela ha scelto il sì sull’Irpef, anziché la mediazione dell’astensione che teneva tutti insieme, ha scelto di votare contro la mediazione. Del resto lo stava dicendo sui giornali: il governo, il governo. Come un feticcio. Se è così lo vedremo, ma questo governo non ha bisogno di ulteriore benzina nel suo motore, ne ha fin troppa.

Fratoianni ha detto di essere pronto a dimettersi. Anche la direttrice del nostro giornale ha parlato della necessità di un ricambio di leadership dentro Sel. Ci sta pensando?

Non sono il proprietario di questo partito. Non ho mai invidiato i capitani della squadra. Ho sempre sperato di avere più spazio per la mia vita. Mi sono trovato a diventare capitano di una squadra di governo nel Sud, un’esperienza che anche a sinistra andrebbe conosciuta e analizzata di più. Poi sono stato chiamato a combattere una deriva del Prc. Ero solo a disposizione della mia comunità. Per me la militanza nella sinistra si fa dal quinto piano o dalla strada. Ma sono stato un antileader. Il mio mandato è sempre a disposizione. Sono stati dieci anni bellissimi e durissimi. Sono dimissionario, tutti ci presentiamo dimissionari alla direzione di mercoledì. E voglio che la discussione fra la mia presidenza e gli organismi dirigenti siano separate. Nessuno pensi che mi copro con il gruppo dirigente. Ma sia chiaro, in nessun caso lascio Sel. Io sono qua, e Sel è qua e si rilancia subito.

Significa che lascia?

Dobbiamo discutere, ma non sarebbe una fuga. Nessuno di noi ha una posizione personale da tutelare.

Questo riguarda anche le regionali della Puglia? Si ricandida?

Sarà una decisione collettiva. Ho i miei pensieri e le mie intenzioni, ma le condividerò innanzitutto con i miei compagni.

Alle regionali prossime cercherete un’alleanza con il Pd?

Come sempre.

Renzi, alle politiche, resta un possibile alleato?

Oggi non c’è un centrosinistra. E il centrosinistra non è un dato di natura, è una costruzione da fare. Cova la domanda di un centrosinistra di cambiamento, nell’elettorato deluso da Grillo, nell’inquietudine di tutte le minoranza del Pd.

La vocazione maggioritaria di Renzi cancellerà il centrosinistra?

A chi conviene che la radicalità delle domande sociali sia interpretata dal populismo e dal razzismo, dalla destra xenofoba? Ci sono orazioni funebri premature su di noi. Siamo stati influenti quando non eravamo niente. Avremmo Letizia Moratti a Milano se non avessimo buttato Pisapia nell’agone, i grillini a Genova e Cagliari e la Puglia laboratorio della destra. Viva Sel, viva la fatica la passione e il culo che ci siamo fatti. Il Pd ha raso al suolo tutto intorno a lui, tranne noi. Il milione e passa di voti di Tsipras sono un bel punto di ripartenza.

All’inizio lei aveva dato credito all’innovazione di Renzi. È cambiato lui o siete cambiati voi?

Descriverne quello che accade non significa essere soggiogati. Renzi ha colto la vecchiezza del Pd, di Berlusconi, e la stanchezza di un paese provato dalla crisi. Ha separato il suo volto dalle responsabilità delle politiche dell’austerità. Renzi ha dato una speranza, ma ora lo sfidiamo a dare una risposta all’altezza di quella speranza.