Sindaco, hai il dovere morale di volare e fare riprendere a questa città il sogno di una grande capitale cosmopolita e non una città ridotta a una suburra, un luogo degradato di affaristi, ladri e fascisti». Il compito è «gravoso» ma Nichi Vendola calza l’elmetto e schiera Sel alla difesa del fianco sinistro di Marino nella durissima resistenza del Campidoglio per non venire travolto dall’inchiesta Mafia Capitale. «Voglio bene a questo marziano», dice Vendola, «il suo pregio è di essere antropologicamente estraneo alla visione della politica come scambio, mercimonio e melma». In ogni caso il destino della Sel capitolina appare legato a doppio filo con «il marziano». Scampato – per ora – il commissariamento per mafia, fioccano le richieste di dimissioni. Le invoca Berlusconi, omettendo che l’epicentro dell’attività (presunta) mafiosa scoperchiata dai pm è stata la giunta Alemanno, quando la città «era governata da una banda di gangster» (Vendola). Ma il cavaliere non è l’unico a chiedere al sindaco di farsi da parte. Parla della necessità «di uno shock» anche Lucia Annunziata, direttrice dell’Huffington Post, chiamata sul palco dell’Ambra Jovinelli per un confronto a caldo sul pasticciaccio romano insieme al sindaco, al leader di Sel, al giudice-scrittore Giancarlo De Cataldo e all’ex presidente dell’antimafia Francesco Forgione. «Siamo disponibili a discutere di tutti gli scenari», annuncia Massimiliano Smeriglio, che è il vice di Zingaretti alla regione Lazio ma anche l’autore di due romanzi sulla mala romana. È un gesto di fiducia verso il rimpasto di giunta e verso il nuovo assessore alla legalità Alfonso Sabella (già pm a Palermo e, durante il G8 di Genova, ispettore del dipartimento di amministrazione penitenziaria, indagato per i fatti di Bolzaneto, posizione poi archiviata).

In ogni caso Sel si imbullona al sindaco, il cui vice Luigi Nieri siede in platea. Confidando che ora sindaco inizi a pensarsi in squadra. Marino non pensa affatto a dimettersi. Per la prima volta ha la solidarietà del suo Pd: non era mai successo, questo già dice molto. Rivendica il suo lavoro di pulizia al Comune, di essere stato percepito dalla banda del ’mondo di mezzo’ come il nemico numero uno degli affari criminali. Cita un’intercettazione dell’arrestato Buzzi, «se siete persone serie dovete farlo cadere».

Ma il vero fantasma dell’Ambra Jovinelli è quello della sinistra rimasta impigliata nelle maglie di Mafia Capitale. Com’è potuto succedere?, è la domanda che ci si pone. Qui la discussione si fa delicata, quasi ad un’autocoscienza. Sel non rivendica superiorità morale, e non tanto perché anche i propri sono finiti nelle intercettazioni – senza profili di colpevolezza – quanto perché nel progressivo smantellamento dei partiti ha fatto la sua parte. «Non mettiamo la testa sotto la sabbia, non ci nascondiamo», dice Smeriglio. L’attività politica ruota troppo intorno alle sole primarie, «e dobbiamo chiederci cosa sono diventate», attacca Forgione. La politica che non conosce il suo territorio perde gli anticorpi contro i criminali: «La relazione antimafia di Pio Latorre, quella di minoranza, fu scritta dai segretari di sezione siciliani, da quelli delle camere del lavoro, che facevano il corpo a corpo quotidiano con i mafiosi. Erano le antenne sul territorio. Oggi se non arriva un magistrato noi non sappiamo neanche in quale cooperativa abbiamo messo i nostri dirigenti».