Nichi Vendola annuncia il suo ritorno alla politica, dopo diversi anni. Lo fa con un post su Facebook in cui ribadisce l’amarezza per la recente condanna in primo grado nel processo Ilva.

«Nell’attesa che la giustizia completi il suo cammino, senza mai sottrarmi al vaglio critico dell’autorità giudiziaria, riprendo la parola, tornando dall’esilio in cui avevo scelto di stare», scrive l’ex leader di Sel. «In questi anni ho scelto di difendermi nel processo e non dal processo, rinunciando anche a reagire alla campagna politico-mediatica che si è svolta parallelamente allo stesso». «Penso che la “guerra dei trent’anni” tra potere politico e giudiziario abbia fatto male alla nostra democrazia, diventando l’alibi che ha di fatto impedito una seria riforma della politica e della giustizia».

«Tuttavia -prosegue- io sono stato in disparte, anche perché l’unica ricchezza che ho cumulato nella mia vita è la reputazione, che non è un diploma o un curriculum ma l’immagine e il senso stesso di una vita intera». «Per me l’immagine e il senso di una storia di militanza cominciata all’inizio degli anni Settanta».

«Io – scrive Vendola- attendevo dalla Corte di Taranto, dopo 8 anni, di essere restituito a questa storia e all’assoluta correttezza delle mie azioni. Così non è stato. Aspetterò l’esito dell’appello con la stessa convinzione». «Ma, a differenza degli anni passati, non rinuncerò a parlare delle cose che mi stanno più a cuore. Sia pure dai margini della scena, vorrei continuare a offrire un punto di vista che deriva da un’inesausta passione politica, passione per il mondo e per i diritti».

«Credo – conclude- che sia urgente elevare il livello del dibattito pubblico alla luce delle lezioni della pandemia, che disvelano la fragilità dell’esistenza umana, ma anche la follia di un modello di sviluppo incentrato sul dominio del profitto e sull’irresponsabilità ambientale, e che ad oggi vedono come effetto dirompente il moltiplicarsi delle disuguaglianze».