Sotto il segno dei pesci è un album lontano. Divergente da tutto, forse anche dai suoi anni, pur raccontandoli, e cresciuto come un fiore, se non solitario, unico nell’intera produzione di Antonello Venditti. Sebbene ogni brano sia un classico e segni una svolta, non è nemmeno un album spartiacque e avrebbe potuto esserlo e ne avrebbe avuto più di un motivo: sono altri i dischi che hanno spezzato la discografia del cantautore; e ascoltato oggi a quarant’anni dalla sua realizzazione, appare ancor più distante, persino dal suo autore che, non a caso, sceglie come inedito, per giunta tratto da quelle sessioni del ’78 e convocato a impreziosire la riedizione, un brano dal sentimento fortemente autobiografico come Sfiga.

A sceglierlo, infatti, oggi non è né un giovane poco meno che trentenne baciato dal successo e deciso a riappropriarsi della sua carriera (che l’ha cantato), tantomeno un adolescente grasso (l’Antonello ragazzo già protagonista di altre canzoni), ma un uomo maturo prossimo ai settant’anni. Qui, il precipitato però è semantico, contemporaneo di un progressivo schiacciamento linguistico indirizzato ad essere ancor più vicino a codici comunicativi adolescenziali che per quanto riguarda l’artista romano parte, per l’appunto, da ancor più lontano, press’a poco da Compagno di scuola in su, fino a Notte prima degli esami e oltre. Quand’invece lo slittamento temporale all’indietro scardina alcuni luoghi comuni che hanno germinato dai tanti semini che, proprio dalla raccolta di Sotto il segno dei pesci, Venditti ha lasciato poi cadere lungo tutta la sua carriera: il privato che si fa politico.

La copertina dell’edizione speciale 2018 del disco

Anche nell’incessante intrecciare autobiografia ad una toponomastica femminile che glossa a posteriori la condizione della donna, al di là del triangolo di madre, sorella, moglie (pur non avendo la visionarietà di un Dalla, una Futura non vi sarà mai per Venditti con le sue Sara, Giulia, Marina somiglianti più alle «piccole donne» di Lattuada, parti di una commedia umana più vicina alla quotidianità che all’invenzione); la medesima politica, attiva in quegli anni settanta che comincia a mostrare i deragliamenti che porteranno al suo disfacimento (l’uscita del disco pochi giorni prima del rapimento Moro potrebbe suscitare un accostamento tematico intrigante per gli storici di professione), la pervasività accondiscendente al potere dei media (ascoltare l’enumerazione delle edizioni de Il telegiornale) e via dicendo.

Prima però s’affaccia la cronaca. Detto di Sfiga l’inedito che a inizio del mese ha aperto la strada a Sotto il segno dei pesci – 40º anniversario, in uscita il 21 e distribuito in tre pacchetti: due cd con canzoni originali rimasterizzate, alcune versioni «live» , Sotto il segno dei pesci e Sara cantate in francese e foto-album contenente i testi commentati da Venditti stesso; edizione in vinile arancio/trasparente; in ultimo più per superfan è la versione distribuita in mille copie che raduna in sol colpo le versioni precedenti e una stampa autografata e book fotografico inedito. Per il 23 è annunciato il sold out all’Arena di Verona in concerto «tuttosottoilsegnodeipesci» con i vecchi compagni di strada degli Stradaperta che interpretarono la sua musica allora in modo inedito. Furono loro, in un certo senso, a distaccare il cantautore dal cliché di un Elton John all’italiana spostandolo in un alveo folk-prog, forse già fuori giri (il produttore dell’album Michelangelo Romano che scoprì Alan Sorrenti negli stessi anni vide il suo pupillo spostarsi verso lidi «disco»), ma che retrospettivamente consente di comprendere come il Belpaese venisse attraversato da una varietà di scossoni musicali che, nonostante la molteplicità di occasioni, pochi artisti seppero tradurre e fissare in dischi.