Il re di Spagna Felipe VI e la moglie Letizia avrebbero dovuto inaugurare, la scorsa settimana, l’importante mostra che il Grand Palais dedica a Velazquez. Ma la notizia del crash dell’aereo Barcellona-Düsseldorf ha interrotto la visita di stato del re, che è dovuto tornare in Spagna, in tutta fretta. L’esposizione di Diego Velázquez (a cura di Guillaume Kientz, conservateur al Louvre), che sarà aperta al pubblico fino al 13 luglio, è un avvenimento. Per diverse ragioni. L’artista ha dipinto poco e circa la metà delle 110-120 opere attribuite al grande spagnolo (1599-1660) sono conservate in collezioni pubbliche e private nel suo paese, dove l’artista è un vero e proprio monumento nazionale. D’altronde, Velázquez lavorava per il re di Spagna e già allora era stato nominato Grande maresciallo di palazzo.

In mostra a Parigi ci sono cinquantuno opere attribuite a Velázquez e diciotto provengono da collezioni spagnole (una versione ridotta di questa rassegna è già stata presentata al Kunsthistorisches Museum di Vienna). Il resto dei quadri proviene soprattutto dalla Gran Bretagna e dagli Stati uniti che, dalla seconda metà del XIX secolo, si sono interessati a questo autore, oltreché da Dublino, Budapest, Vienna, San Pietroburgo, Dresda, Berlino, Firenze e Roma (la Galleria Doria Pamphilj ha prestato il Ritratto di papa Innocenzo X, dipinto in occasione del suo secondo viaggio in Italia). La National Gallery di Londra ha concesso un capolavoro come Venere allo specchio, che il Grand Palais presenta isolata, in una sala speciale, dedicata a un’impressionante messa in scena dell’opera. La mostra è completata anche da dipinti del maestro di Velázquez, Francisco Pacheco (di cui il pittore spagnolo aveva sposato la figlia), di contemporanei e discepoli, come Juan Bautista Martinez del Mazo, suo genero.

L’ultima grande retrospettiva di Velázquez – paragonabile alla attuale mostra parigina era stata organizzata al Metropolitan di New York, in collaborazione con il Prado di Madrid, nel 1989/1990. Poi, era stata la volta di Londra, nel 2006/2007; infine, si era aperta un’esposizione più piccola alla National Gallery.

A renderla un’occasione unica, concorre soprattutto un fattore: la Francia possiede pochissimi Velázquez. Una rarità dovuta alla storia, anche se le case regnanti nei due paesi erano strettamente imparentate – dal Settecento sono della stessa dinastia – e più ancora all’interesse culturale, che si volgeva maggiormente all’Italia. Il Louvre può contare su un’opera minore, il Ritratto di Filippo IV, mentre un San Tommaso è al Musée des Beaux Arts di Orléans e un Democrito al Musée des Beaux Arts di Rouen.

Napoleone, all’epoca della campagna di Spagna, aveva portato alcuni quadri di Velázquez in Francia, come bottino di guerra, ma dopo il 1815 vennero restituiti (anche se alcuni sono poi stati recuperati dal duca di Wellington). Il Louvre ha presentato anche dei quadri attribuiti a Velázquez, ma questi non hanno resistito all’esame critico e si sono rivelati essere di autori minori.

La Spagna, inoltre, non è molto propensa a prestare, soprattutto quando si tratta dell’artista del Secolo d’oro. Le Meninas sono difatti rimaste a Madrid: il Prado non si priva mai di questo capolavoro, come di alcuni ritratti reali. Il Grand Palais ha però ottenuto, con enormi difficoltà, La Tunica di Giuseppe, che fa parte delle collezioni reali di Spagna, conservata all’Escorial. La Fondación Focus Abengoa ha prestato tre quadri, ma solo grazie all’accordo con il Louvre, per ottenere un’opera di Murillo il prossimo anno. Stessa procedura per il Museo diocesano di arte sacra di Orihuela, che ha dato La Tentazione di San Tommaso d’Aquino dietro promessa di avere in cambio, ancora dal Louvre, un’opera religiosa della stessa epoca (anche se non di eguale valore), e di poter esporre, al posto del Velázquez, per tutta la durata della mostra parigina, un San Filippo di Philippe de Champaigne.

Lo stesso viaggio dei Velázquez dalla Spagna a Parigi è stato oggetto di straordinari controlli. I dipinti sono stati accompagnati da poliziotti e sono stati scortati anche da restauratori e conservatori.