L’annuncio che non ci sarà la presenza del presidente della Repubblica all’inaugurazione della Mostra di Venezia (29 agosto-8 settembre) per rispetto delle vittime di Genova e Rigopiano, un lutto che ha colpito tutto il paese, sorprende. Di «Arte Cinematografica» si tratta a Venezia e non di passerelle, una tradizione culturale lunga 75 anni, compresi quelli della guerra e anche quelli della contestazione che avevano una forte motivazione politica. La mostra è piuttosto lontana da connotazioni futili, ha assunto sempre più la funzione di panorama internazionale con cui avvicinarsi attraverso i più avanzati linguaggi estetici le grandi trasformazioni, gli inesauribili conflitti e quelli dimenticati che attraversano la nostra epoca.
La storia del passato e i grandi conflitti contemporanei sono presenti in tutto il programma nei film di Amos Gitai, Laslo Nemes, Mike Leigh, Sergei Loznitsa, Martone, Labate come in numerosi esordi, apertamente o simbolicamente.
SIRIA
Momenti cruciali della Storia e della cronaca più recente sono presenti in questa edizione del festival di Venezia: spunti politici, personaggi contemporanei e vicende del passato. Impossibile cancellare le tracce di un presente tanto conflittuale: la Siria è in primo piano in diverse sezioni: alla Settimana della Critica Lissa Ammetsajjel (Ancora in registrazione) di Saaed Al Batal e Ghiath Ayoub, ci porterà il risultato di tre anni di materiali raccolti da studenti dal momento dello scoppio della guerra, riprese come non si sono mai viste nei servizi televisivi, riflessione su come utilizzare le immagini della guerra. Ed è atteso Fuori concorso il lavoro di due reporter italiani Francesca Mannocchi e Alessio Romenzi in Isis Tomorrow. Nella sezione Orizzonti si entra nel pieno della guerra con Yom Adaatou Zouli (Il giorno che ho perduto la mia ombra) della regista siriana nata in Francia Soudade Kaadan, studi in Siria e Libano, attività documentaristica per Al Jazira, che ha affrontato nei suoi ultimi film il tema della guerra e dell’assedio, in Obscure (2017), storia di un bambino traumatizzato che non vuole ricordare di essere siriano e in Besieged Bread del 2016, una famiglia senza via d’uscita.
TRUMP
Come si è arrivati alla vittoria di Trump nella corsa presidenziale degli Usa? dopo il lavoro che lo scorso anno evidenziava il suo lato nettamente opposto, il film Ex Libris – The New York Public Library, Frederick Wiseman viaggerà nell’America profonda da cui è venuta la maggioranza dei voti per mostrarcelo. E il ritratto di Steven K. Bannon, ideologo di Trump (e degli altri populismi europei e italiani in particolare che imperversano) lo fa Errol Mlareorris in American Dharma.
LATINI
Pepe Mujica il presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015 che sarà presente alla Mostra, raro esempio di coerenza politica è al centro di due film: La noche de los 12 años dell’uruguayano Alvaro Brechner (Orizzonti) sul periodo che Mujica passò in prigione con altri esponenti chiave del movimento Liberación Nacional-Tupamaros durante la dittatura. Emir Kusturica dedica alla vita del presidente il documentario «L’ultimo eroe».
I film provenienti dal latimoamerica hanno spesso dei sottotesti o dei decisi riferimenti al passato come sarà l’attesissimo Roma di Alfonso Cuarón (Oscar per Gravity) , un ritorno al quartiere di media borghesia della sua infanzia per raccontare un anno della vita di una famiglia di Città del Messico, fino al 1971anno di un feroce massacro di studenti da parte di un corpo speciale della polizia.
Flavia Castro che sarà alla mostra con Deslembro è una regista brasiliana vissuta sempre in esilio con la famiglia tra Argentina, Venezuela, Cile e Francia, diventata famosa per il documentario Diario de uma busca che indagava sulle vere cause della morte del padre, un giornalista militante di sinistra ucciso a 41 anni a Porto Alegre, un assassinio fatto passare per suicidio.
Un altro ritorno interessante è quello dell’argentino Pablo Trapero che presenta fuori concorso La quietud, storia di un altro gruppo criminale come fu quello familiare di El Clan che vinse nel 2015 il Leone d’argento. E i brividi emanati dai film di Carlos Reygadas (Uruguay) a Venezia con Nuesto tiempo non cessano di far pensare ai disastri periodici di un intero continente.